Manca ancora molto alle città italiane per diventare clean cities: serve un cambio di passo con più convinte policy, specie locali. Quello che chiede Legambiente denunciando l’inquinamento atmosferico che colpisce quasi un terzo delle 95 città campione prese in esame dal rapporto Mal’Aria 2023. In 29 di queste, durante l’anno scorso, sono stati superati i limiti giornalieri di PM10. Tutte al Centro – Nord le peggiori situazioni riscontrate, con Torino, Milano, Modena, Asti, Padova e Venezia che hanno registrato più del doppio degli sforamenti consentiti. Un quadro che diventa più critico se si fa riferimento ai nuovi target europei previsti al 2030: diventano fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per l’NO2.
E’ lo smog a governare l’inquinamento. Il report ha messo in evidenza i dati del 2022 nei capoluoghi di provincia, sia per i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che per quelli del biossido di azoto (NO2). Torino sul gradino più basso, con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano con 84, Asti con 79, Modena con 75, Padova e Venezia con 70. Le città che devono lavorare di più per ridurre le loro concentrazioni sono Torino e Milano, Cremona, Andria e e Alessandria per il PM10; Monza, Milano, Cremona, Padova e Vicenza, Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino, Como, Brescia, Asti e Mantova per il PM2.5. Invece, Milano, Torino, Palermo, Como, Catania, Roma, Monza, Genova, Trento e Bolzano per l’NO2.
Uno scenario che si riflette sullo stato di salute: “L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche sanitario di grande importanza – dice Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -. In Europa, è la prima causa di morte prematura da fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52mila decessi annui da PM2.5, pari a un quinto di quelli rilevate in tutto il continente”.
Perciò il cambio di passo deve intervenire sui più diversi ambiti, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura, dalla mobilità sostenibile nel trasporto pubblico al ridisegno degli spazi urbani affermandovi le pedonalizzazioni e le zone 30, fino alla spinta sull’elettrico.
MAL D’ARIA

Manca ancora molto alle città italiane per diventare clean cities: serve un cambio di passo con più convinte policy, specie locali. Quello che chiede Legambiente denunciando l’inquinamento atmosferico che colpisce quasi un terzo delle 95 città campione prese in esame dal rapporto Mal’Aria 2023. In 29 di queste, durante l’anno scorso, sono stati superati i limiti giornalieri di PM10. Tutte al Centro – Nord le peggiori situazioni riscontrate, con Torino, Milano, Modena, Asti, Padova e Venezia che hanno registrato più del doppio degli sforamenti consentiti. Un quadro che diventa più critico se si fa riferimento ai nuovi target europei previsti al 2030: diventano fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per l’NO2.
E’ lo smog a governare l’inquinamento. Il report ha messo in evidenza i dati del 2022 nei capoluoghi di provincia, sia per i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che per quelli del biossido di azoto (NO2). Torino sul gradino più basso, con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano con 84, Asti con 79, Modena con 75, Padova e Venezia con 70. Le città che devono lavorare di più per ridurre le loro concentrazioni sono Torino e Milano, Cremona, Andria e e Alessandria per il PM10; Monza, Milano, Cremona, Padova e Vicenza, Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino, Como, Brescia, Asti e Mantova per il PM2.5. Invece, Milano, Torino, Palermo, Como, Catania, Roma, Monza, Genova, Trento e Bolzano per l’NO2.
Uno scenario che si riflette sullo stato di salute: “L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche sanitario di grande importanza – dice Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente -. In Europa, è la prima causa di morte prematura da fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52mila decessi annui da PM2.5, pari a un quinto di quelli rilevate in tutto il continente”.
Perciò il cambio di passo deve intervenire sui più diversi ambiti, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura, dalla mobilità sostenibile nel trasporto pubblico al ridisegno degli spazi urbani affermandovi le pedonalizzazioni e le zone 30, fino alla spinta sull’elettrico.