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Mamme e bambini in carcere: il cuore oltre le sbarre

di Redazione -

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Tutelare la salute è stato, ed è tutt’oggi, l’imperativo della pandemia. Una priorità che ha riguardato tutti, e in modo particolare alcune categorie come quella delle madri detenute con figli al seguito.

Madri in carcere: un emendamento per tutelarle

A loro favore, si articola l’emendamento alla Legge di Bilancio promosso dall’On. Paolo Siani, con il sostegno delle associazioni Cittadinanzattiva, A Roma Insieme-Leda Colombini e Terre des Hommes; l’emendamento prevede l’istituzione di un fondo dedicato in grado di garantire le risorse necessarie per sostenere l’accoglienza, al di fuori del circuito penitenziario, di detenute madri con figli al seguito. Come sostenuto dall’On. Siani, si tratta di un piccolo fondo che non sottrarrebbe risorse ad altre attività; tuttavia, una tale iniziativa assicurerebbe a quei 34 bambini reclusi nelle carceri del nostro Paese di avere un’infanzia come tutti gli altri. La presenza di minori all’interno delle carceri italiane costituisce un grave paradosso del nostro sistema legislativo, nonostante qualsiasi legge o protocollo d’intesa sia sempre stato finalizzato, in primis, alla tutela dei diritti di bambini e adolescenti che si trovano in condizioni di detenzione genitoriale.

Madri recluse con bimbi: i numeri in Italia

Come si ricordava nel 32° Rapporto Italia dell’Eurispes, ad oggi esistono in Italia cinque Istituti carcerari femminili: Rebibbia Femminile, Pozzuoli, Empoli, Venezia Giudecca, Trani, per la fase di esecuzione della pena e vi sono 49 sezioni femminili all’interno di altri Istituti penitenziari. La presenza dei bambini in carcere ha registrato un aumento considerevole soprattutto nel biennio 1998-2000, quando il numero è quasi raddoppiato. Successivamente, si sono verificati incrementi e diminuzioni più o meno sistematici negli anni 2003-2010, e negli ultimi due, tre anni, si è manifestato un picco di presenze, riportando il dato più o meno alla situazione di partenza. Secondo gli ultimi aggiornamenti della sezione statistica del DAP (30 novembre 2020), nel circuito penitenziario risultano esserci 31 madri detenute con 34 figli al seguito, un numero notevolmente diminuito rispetto a quello che si registrava al 31 gennaio 2020, quando le madri presenti erano 52 e i figli al seguito 57. Tuttavia, i numeri continuano a preoccupare, anche perché è previsto che il bambino, finché rimane con la madre, debba restare nelle sezioni nido del carcere fino al compimento del terzo anno di età; dopo, deve andar via o con un parente, o tramite un affidamento temporaneo. Nelle case famiglia protette, invece, i bambini possono rimanere fino ai dieci anni di età. Ovviamente si cerca di favorire il più possibile l’uscita dal carcere dei minori, circostanza, tuttavia, impossibile se le madri devono scontare pene molto lunghe, con la conseguenza che i bambini sono costretti a continuare a vivere in questa realtà.

Trovare un’alternativa al carcere

Quello che è successo durante il lockdown nel carcere femminile di Rebibbia ha dimostrato che è possibile adottare soluzioni alternative al fine di permettere a madri e figli di vivere in condizioni di sicurezza continuando, comunque, a scontare la propria pena. Il Dl. n. 18/2020 prevedeva, infatti, di estendere «fino al 30 giugno 2020, la disciplina già prevista a regime dalla legge n.199 del 2010, in base alla quale la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena, può essere eseguita presso il domicilio», proprio perché gli Istituti penitenziari non erano ritenuti luoghi sicuri al livello sanitario per l’assenza di mascherine, gel disinfettante, nonché per il contagio che poteva essere potenzialmente veicolato dagli agenti di Polizia penitenziaria o da tutti coloro che avevano contatti con l’esterno.

Il decreto ha avuto da subito effetti positivi, semplificando notevolmente le procedure di rilascio per reati meno gravi e facendo registrare, di conseguenza, una diminuzione delle presenze nelle carceri italiane. Prima della pandemia (31 gennaio 2020) erano 15 le madri e 15 i bambini reclusi nella sezione femminile di Rebibbia; successivamente, applicando le nuove direttive, alcune madri hanno potuto scontare la pena ai domiciliari, una è stata accolta in casa famiglia e altre sono uscite avendo concluso i termini di condanna. Al 31 novembre 2020, le madri in carcere erano 5 e i bambini 5, con un drastico calo delle presenze.

Oltre alle difficoltà sanitarie, il Covid-19 – e il conseguente lockdown – ha significato per le carceri l’interruzione delle attività di volontariato, nonché dei contatti con parenti o amici esterni. Per i bambini tutto questo si è tradotto nella sospensione di laboratori didattici, attività ricreative, servizi di asilo nido, contatto con i propri cari.

La prevenzione e la sicurezza sanitaria all’interno di un’entità chiusa e limitata come il carcere dovrebbe essere un obiettivo più facile da perseguire. Tuttavia, dal momento che inefficienze e carenze si sono manifestate in tutti i settori della società – scuola, sanità, trasporti per elencare solo quelli in cui le difficoltà si sono palesate in modo più eclatante – sia nella prima sia nella seconda ondata del virus, è bene adottare fin da subito soluzioni alternative, perché come sostenuto dall’On. Siani «esistono in Parlamento soluzioni di buon senso e percorribili anche nell’immediato perché nelle carceri italiane non ci siano più bambini innocenti con le loro mamme». La presenza di bambini dietro le sbarre è un tema sul quale da tempo si invocano interventi e riforme e, forse, proprio per l’esigenza di agire prontamente, questa pandemia può rappresentare un punto di svolta.

 Ilaria Tirelli


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