Cultura & Spettacolo

Manco tramite amicizia

di Nicola Santini -

LUIGI LONIGRO RAI CINEMA ALESSANDRO SIANI ATTORE


Succede anche che io finisca in sala trascinato da un amico fan del genere che mi assicura che, dopo tutta quell’acqua passata sotto i ponti (sotto i quali, se certa comicità dovesse campare dei miei biglietti, finirebbe dritta e senza appello) dai due campioni di incasso Benvenuti al Sud e Il principe abusivo, Alessandro Siani aveva cambiato genere. E visto che a me Siani piace, ma i suoi film meno, mi sono lasciato convincere. Ovvio che da solo non ci sarei andato. Nessun snobismo, solo un genere che tendenzialmente non amo. Non mi fa ridere. Né riflettere. Però, appunto, sono finito al cinema “tramite amicizia” a vedere Tramite amicizia, quindi l’idea di per sé un senso ce l’aveva.
Lorenzo, il protagonista ha un’agenzia sui generis che ha l’obiettivo di offrire amici a noleggio. Una specie di postribolo allegro in cui lavora solo lui, inizialmente, e dove, invece che rimediare piaceri della carne, si paga per essere ascoltati, confortati, per avere compagnia qualche ora o qualche consiglio per le cose basic della vita, shopping compreso.
Lorenzo è il classico finto amico che fa al caso di ognuno di noi in determinate fasi della vita: tassametro alla mano, ascolta, spiega, offre la spalla, fa (cerca di far) ridere e ti mette anche davanti al fatto che volendo si può avere tutto, amici compresi, senza aspettarsi automaticamente che sia il mondo a offrirceli gratis.
Quando però è il proprietario dell’azienda di dolciumi dove lavorano i suoi zii ad aver bisogno di un amico e varca quindi la sua soglia, tutto si scompiglia in un colpo e la vita di Lorenzo cambia definitivamente, prendendo una piega inaspettata e un registro differente con la complicità di una compare squattrinata e imbrogliona.
In America, con lo storytelling americano, la capacità di far ridere con l’assurdità della vita che riserva sempre risvolti in grado di farti andare oltre la risata, il fim sarebbe probabilmente riuscito in modo più coinvolgente. Si sarebbe riso quando c’era da ridere, riflettuto, quando e se ci fosse stato da riflettere.
Il guaio qui è quel tanto di vecchio che stagna su una comicità datata, o meglio, che ha fatto il suo tempo, che a me personalmente faceva già poco ridere all’epoca ma che oggi ho trovato anche disallineata con quello che oggi può strapparti un sorriso. E io sono uno a cui in genere basta poco.
In più è debole nella scrittura, che si trascina. Le scenette si susseguono in modo elementare, come qualcuno le avesse incollate una dietro l’altra senza un qualsiasi tentativo di trait d’union. Fosse fatto apposta devo dire che l’assurdità della struttura avrebbe anche rafforzato gli intenti di una storia un po’ strampalata, che ci sarebbe stato pure. Purtroppo però o questo scollegamento è stato fatto talmente bene da essere esageratamente depistante, o, come ho più paura a pensare, manca un pezzo e mi secca pure dire che è un peccato perché poi non è che se fosse stato messo insieme meglio, poi il film mi sarebbe piaciuto.
Al netto del ridere che non fa ridere me e che non significa che non faccia ridere in valore assoluto, alla fine della solfa, non trovo in Tramite amicizia un perché vero e proprio, nemmeno fine a se stesso. Perché alla fine poi non si è portati a empatizzare con nessuno: non si vorrebbe essere amici di nessuno, ma manco nemici. Tutti, al netto dell’interpretazione che va bene, ma resta comunque subordinata alle scene, alla scrittura del film e ai dialoghi che sono quello che sono, ci lasciano indifferenti, per cui poi non scatta quel meccanismo risarcitorio, punitivo, di solidarietà o di simpatia nei confronti di nessuno, lasciandoli lì a loro stessi in una pellicola che a me dà l’idea di non affrancarsi in nessun modo da quel genere ormai trito e ritrito a cui non c’era bisogno di aggiungere un titolo.
Cosa salverei? L’apertura, il monologo spiega un Siani che molla un po’ il fiabesco solito con cui ha timbrato tutto il deja vu della sua produzione finora e si butta verso un dialogo con lo spettatore più realista. ’espediente è di sapore amaro. Quanti veri amici abbiamo? Su quante persone possiamo veramente contare in caso di necessità? Dieci? Probabilmente meno. Con molta probabilità, sono meno di quante ne possiamo contare sulle dita di una mano.
Poi però torna nel suo, in quella prigione narrativa e stilistica sulla quale, se vuole stare nel presente e avere un ruolo nel futuro, deve lavorare assai. Io resto del parere che ci riuscirà. La prossima volta.

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