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Mani Pulite 30 anni dopo: svolta o occasione persa?

di Alessio Gallicola -

Il presidente Ue-Coop Gherardo Colombo durante l'assemblea annuale della Coldiretti, Palazzo Rospigliosi, Roma, 13 luglio 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI


Trent’anni dopo l’Italia è alle prese con un interrogativo irrisolto: Mani Pulite fu una svolta epocale per la politica e per il Paese o rappresentò un’occasione persa? L’occasione per una riflessione è data dalla scadenza del trentennale dell’inchiesta che prese le mosse il 17 febbraio 1992 con l’arresto a Milano di Mario Chiesa, presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio. Coordinata dalla Procura guidata da Francesco Saverio Borrelli e dall’aggiunto Gerardo D’Ambrosio e assegnata in prima battuta ai pm Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo, l’indagine arrivò a ridisegnare la geografia politica italiana, spazzando via partiti guida come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista, tanto da segnare lo spartiacque tra la Prima e la Seconda Repubblica.

Sulle orme della Procura di Milano, in tutt’Italia partirono inchieste sulla corruzione nella pubblica amministrazione, che non risparmiarono politici nazionali e locali ma anche manager di grandi gruppi industriali, come Fiat, Montedison, Enel, Eni e Fininvest.

Una stagione in cui la politica si ritrovò alla sbarra in processi “televisivi”, seguiti da milioni di cittadini, che in qualche caso diedero vita a proteste di piazza, la più famosa delle quali è certamente il lancio delle monetine a Bettino Craxi davanti all’hotel Raphael. Un mix di ansia di respirare aria nuova e di giustizialismo, che però presto si trasformò in una guerra tra politica e magistratura, che resta nei libri di storia come la fine della prima Repubblica ma che, a distanza di trent’anni, lascia ancora aperti alcuni interrogativi, soprattutto per ciò che riguarda il ruolo dei magistrati e le polemiche sull’uso, spesso considerato distorto, della giustizia.

Un dibattito al quale hanno partecipato, anche di recente, alcuni protagonisti di quella stagione. Di particolare interesse il pensiero di Gherardo Colombo, una delle figure simbolo di Mani Pulite, che ormai da quindici anni ha smesso la toga per dedicarsi alla divulgazione elle scuole e nell’associazionismo sui temi della legalità. “Oggi non esiste più un sistema della corruzione – dice l’ex esponente del Pool milanese -, come invece esisteva allora, intimamente connesso al finanziamento illecito, occulto, dei partiti, che mi pare essere, con quelle modalità, quasi scomparso. A mio parere è diffusa più o meno come un tempo la corruzione non sistematica, quella un po’ anarchica che coinvolge anche cittadini comuni”.

Per Colombo sarebbe opportuna una riforma del sistema penale, “che non serve che ad ottenere obbedienza, mentre la democrazia richiede consapevolezza. Peraltro quando la trasgressione è così sistematica, come lo fu ai tempi di Mani Pulite, il sistema penale non è idoneo a marginalizzarla. Occorrerebbe invece lavorare molto sull’educazione, sulla cultura, accompagnare le persone ad osservare le regole perché le condividono, non perché hanno paura della sanzione”.


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