Agli industriali bastano otto miliardi e che la manovra non si trasformi in un assalto alla diligenza. Confindustria ribadisce le richieste al ministro Giorgetti: servono otto miliardi, né un euro di più né uno di meno. Che poi, in realtà, sarebbero (almeno) ventiquattro. “Alla vigilia della manovra – ha affermato perentorio Emanuele Orsini al Roadshow Insieme per il Futuro delle Imprese – quello che ci preme è evitare l’assalto alla diligenza e lavorare con il governo per un piano triennale da otto miliardi l’anno”. Che serviranno, ha affermato il numero uno di viale dell’Astronomia, “per sostenere gli investimenti, a partire da quelli in innovazione e digitalizzazione, con incentivi stabili, estendendo le semplificazioni burocratiche della Zes unica a tutta Italia”. Ma non basta perché, dice Orsini, “è necessario sostenere la patrimonializzazione e ridurre il carico fiscale delle imprese, occorre confermare e rafforzare il fondo di garanzia per le Pmi e prevedere misure per attivare i risparmi di famiglie e investitori istituzionali a beneficio della nostra economia”. L’analisi che arriva dagli industriali è quella di un Paese che rischia grosso: “A noi interessa un piano strategico per questo Paese con una visione a tre anni, minimo: senza programmazione – annuncia Emanuele Orsini – a tre anni faremo lo zero virgola e noi invece vogliamo fare almeno l’1,5-2% di Pil”. Un impegno importante, quello che Confindustria s’assume, considerando che l’anno prossimo finirà il Pnrr e che occorrerà dare una ulteriore spinta all’economia italiana. Per viale dell’Astronomia, la priorità dell’industria deve essere la tutela “del nostro tessuto imprenditoriale, i nostri lavoratori”, ma oltre a questo “serve anche essere competitivi con il resto del mondo, penso alla Cina o agli Stati Uniti che stanno cercando di attrarre a sé anche le nostre imprese”. Per farlo, due strade: i contratti di sviluppo e la Zes che ha dato “un contributo enorme, pensiamo ai 4,8 miliardi messi in campo dal governo negli ultimi due anni, che hanno generato 28 miliardi di investimento con 35 mila assoluzioni”.
Orsini, quindi, ribadisce la wishlist sua e degli industriali in attesa di novità da via XX Settembre sulla manovra. Al Mef, dopo aver visto il tramonto della Francia, si assiste adesso al Crepuscolo dei Virtuosi. Sembra una barzelletta ma non lo è: la super-manovra che il governo tedesco ha messo in campo, infarcita di piani di stimolo all’industria e all’economia, è stata sonoramente bocciata dai magistrati della Corte dei Conti. Che imputano a Merz e al suo vice, il socialdemocratico Lars Klingbeil, di voler fare troppo debito. La sentenza dei giudici contabili tedeschi è arrivata proprio mentre il cancelliere stava spiegando al Paese di voler inaugurare un autunno di riforme. Necessarie per far fare uno scatto all’asfittica economia tedesca. Che adesso, in nome del rigore, si ritrova con un altro bel problema, non solo politico. Intanto, però, al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sarà arrivata notizia della decisione, assunta dal comitato esecutivo dell’Abi, di ribadire “all’unanimità” l’impegno “di solidarietà biennale al bilancio dello Stato concordato lo scorso anno” per le annualità 2025 e 2026. Presto, al Mef, arriverà una Pec del dg Abi Marco Elio Rottigni che vorrà saperne di più anche in merito alle notizie riportate dall’Agenzia Bloomberg secondo cui il governo starebbe pensando a rinnovare per altri dodici mesi, e dunque anche per il 2027, il posticipo delle detrazioni fiscali. Un piano che, stando ai conti, dovrebbe portare in cassa qualcosa come tre miliardi di euro, complessivamente, in due anni. Un tema che infiammerà, se non lo ha già fatto, anche il dibattito politico con le posizioni contrastanti tra Lega e Forza Italia sulla tassazione degli extraprofitti bancari. Intanto, a proposito di detrazioni, è arrivato il “conto” finale del Superbonus. Stando a quanto riferito dai tecnici dell’Enea, la misura “psicotropica” che ha causato al ministro Giorgetti tante gastriti è costata allo Stato qualcosa come 127 miliardi di euro. Due terzi del Pnrr, suppergiù. Gli edifici coinvolti sono risultati, al 31 agosto di quest’anno, poco più di mezzo milione, per la precisione 500.061. Poco meno della metà è composto da villette unifamiliari (245.143), seguono staccatissimi i 138.118 condomini. Quindi risultano al ruolo Superbonus ben 117.385 unità immobiliari funzionalmente indipendenti. A concludere il quadro ben cinque tra castelli o palazzi storici.