Marina Berlusconi, Parodi e la Giustizia: la ragione priva di eccessi
In un Paese che spesso scambia il clamore per verità, la voce di Marina Berlusconi risuona come un esercizio di misura e memoria. Le sue parole in difesa dell’immagine paterna non nascono soltanto dall’amore filiale, ma dalla consapevolezza di chi ha attraversato, per storia ed eredità, le stagioni più controverse della nostra vicenda giudiziaria. Marina parla con la compostezza di chi conosce i limiti del potere e della giustizia, scegliendo la via più difficile, quella del rispetto fermo, non del rancore sterile.
La lettera di Marina Berlusconi
La sua lettera al Giornale non è una requisitoria, ma un appello alla misura, un richiamo al senso profondo dell’equilibrio istituzionale. Dopo la pronuncia della Corte di Cassazione, ha sottolineato l’integrità morale e finanziaria della Fininvest e di Forza Italia, evidenziando la portata della decisione dell’alto consesso giurisdizionale. Nel difendere il frutto del lavoro imprenditoriale e politico del padre, non si è rifugiata nel passato, lo ha attraversato per restituirgli senso. Non ha chiesto indulgenza né riscritto la storia, ma invitato a guardare al lento cammino della verità per riconoscere l’uomo Silvio Berlusconi come parte innegabile della nostra identità civile e politica.
Non è casuale che, proprio ora, una riflessione analoga provenga dal mondo della magistratura. Il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, ha ricordato. “Qualunque vicenda che dura trent’anni è qualcosa che un Paese civile non dovrebbe conoscere» una constatazione che evidenzia come la durata eccessiva dei processi si trasforma in una ingiustizia.
La priorità: una riforma profonda
Da qui la necessità che la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica iscrivano tra le priorità. Una riforma profonda dei meccanismi processuali e investigativi, fondata su una nuova etica della responsabilità nell’esercizio delle funzioni pubbliche. Le parole di Parodi, per equilibrio e sobrietà, si collocano in sintonia con la tesi di Marina. La giustizia è tale solo quando non si confonde con la durata infinita del giudizio.
Una patologia, che ha alimentato nel tempo, la percezione diffusa di vivere in uno Stato di polizia giudiziaria, ove la libertà è sorvegliata e compressa. Per Marina, il ricordo del padre significa restituire dignità a un’idea di libertà e giustizia che non coincide con il privilegio, ma con il diritto a non essere giudicati dal pregiudizio. È in questo sguardo che si rivela la sua cifra più autentica. Una cultura moderata, razionale, aliena dagli estremismi, ma consapevole della crisi morale e civile che attraversiamo.
Come in Kafka, dove l’uomo resta “davanti alla legge” nell’attesa di un giudizio che non arriva, anche la nostra epoca conosce la fatica del giudicare e il rischio umano dell’arbitrio. Eppure, Marina non cede alla rassegnazione. Oppone alla decadenza civile la limpidezza di una voce che restituisce dignità al dubbio, misura alla passione, umanità al dolore. La sua voce si leva contro la stanchezza del Paese con lucidità e una postura quasi proustiana, dove la memoria assume la forma della verità non per nostalgia, ma per ricomposizione.
Difendere il padre non è gesto di chiusura, ma atto di fedeltà al futuro, per salvaguardare il valore della giustizia dalla malinconia e sottrarre la libertà alle deformazioni ideologiche. In un tempo di slogan e polarizzazioni, le sue parole appaiono come un gesto di eleganza intellettuale. Un invito a ritrovare quella civiltà del diritto fondata non sulla vendetta, ma sulla memoria condivisa della nostra tradizione giuridica. Marina Berlusconi non alza la voce, la modula attraverso la sostanza del suo messaggio, e colpisce perché pacata ma non fredda. È in quella limpidezza che si riconosce la misura della ragione.
Un nuovo umanesimo civile
In un’epoca che corre, urla e giudica oltre i fatti, Marina ricorda, ascolta, comprende. La sua leadership nasce dalla ragione pensata, non gridata, nutrita da un respiro liberale e popolare, espressione della migliore cultura europea, quasi socratica. Risuona qui il monito di Aldo Moro: «la verità è forza mite ma ineludibile, che domanda presenza e non neutralità».
In una società che vive il suo crepuscolo, smarrita tra gli eccessi del linguaggio e delle condotte, la misura torna a essere la forma più alta della responsabilità. La memoria non è vendetta, ma prospettiva per una giustizia equa e duratura, affinché possa custodire il senso etico delle istituzioni. In un tempo in cui l’area liberale e popolare – cattolica e sociale – riscopre la propria vocazione civica, Marina Berlusconi emerge con sobrietà come riferimento di un “nuovo umanesimo civile”, opponendosi alla polarizzazione non per convenienza, ma per convinzione.
Una figura di continuità morale e intellettuale che va oltre la storia politica del padre. E rappresenta oggi un richiamo alla sobrietà, alla responsabilità e alla concretezza nel dibattito pubblico.
Torna alle notizie in home