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Draghi alla guida della Commissione Ue? L’indiscrezione e lo scenario in vista del voto

di Cristiana Flaminio -

Foto IPP/picture alliance Krun - Castello di Elmau - 28/06/2022 48esimo vertice G7 Summit 2022 - sessione speciale sull'ucraina nella foto mario draghi presidente del consiglio durante le considerazioni finali - WARNING AVAILABLE ONLY FOR ITALIAN MARKET


Si chiama Mario Draghi e di mestiere risolve problemi. Nessuno, in questo momento, ne ha più dell’Europa. E perciò l’ex premier italiano, già governatore della Bce quando la banca centrale europea utilizzava il bazooka per sostenere l’economia e tagliava i tassi con l’accetta, sarebbe in predicato di diventare il prossimo presidente della Commissione Europea. L’indiscrezione arriva da Repubblica. Secondo cui il grande sponsor di Draghi al posto di Ursula von der Leyen sarebbe addirittura monsieur Emmanuel Macron. L’inquilino dell’Eliseo vorrebbe l’ex capo della Bce a Bruxelles e per farlo avrebbe già messo in moto i suoi sherpa diplomatici, specialmente quelli di stanza a Berlino. Draghi, del resto, è l’uomo del “whatever it takes” e Scholz, gran cerimoniere della Falconeria che impone rigore e austerità, ora si trova in casa un problema gigantesco che si chiama recessione.

Ovviamente, siamo alle suggestioni, alle indiscrezioni, al detto-non-detto. Al ballo della corte Ue, agitare già adesso nomi potrebbe risultare addirittura controproducente. Detto in maniera meno alta, evocarlo ora, per alcuni, equivarrebbe a bruciare ogni chance per Mario Draghi. Che, invece, negli ultimi mesi ha visto aumentare, e di molto, le sue credenziali in sede comunitaria. Ursula von der Leyen, che pure sogna un bis nella consapevolezza che ottenerlo sarà davvero difficile, lo ha nominato consulente della Commissione per lo sviluppo europeo. Lo stesso Draghi, più volte, ha parlato pubblicamente di temi rilevanti dando al dibattito un contributo importante e di sicuro non ignorabile. L’ultima volta è stata sul patto di Stabilità che, in queste ore, si sta trasformando nel nuovo (e drammatico) flop dell’Unione a 27. L’ex premier ha spiegato a tutti, ma proprio a tutti (rigoristi compresi) che se tornasse in vigore il vecchio Patto, nessuno ne uscirebbe vivo. Certo, lo ha detto con altre parole. Ma il senso, tutto sommato, è questo. Se le indiscrezioni fossero vere, però, si aprirebbe un ulteriore scenario. Con Draghi alla presidenza, come si comporterebbe e cosa otterrebbe il governo Meloni? Le analisi, per ora, sono tutte impietose. E forse un po’ forzate. La realtà è che tra la premier e l’ex governatore della Bce i rapporti sono sempre stati più che buoni. Fin dai tempi in cui Meloni schierò Fratelli d’Italia all’opposizione. La polemica della destra, infatti, è sempre partita dal riconoscere il valore di Draghi e si è sempre concentrata sui temi delle azioni e delle proposte. Contestualmente, lo stesso Draghi ha potuto apprezzare come Meloni abbia, sostanzialmente, proseguito nel solco da lui stesso tracciato a Palazzo Chigi. La nomina di Giancarlo Giorgetti, già ministro allo Sviluppo economico nell’esecutivo precedente, al Mef, per esempio, ne è stato uno dei segnali inequivocabili.

Ogni indiscrezione, ogni analisi, ogni scenario, però, deve fare i conti con la realtà. Per adesso si può parlare legittimamente di suggestioni. Ma la verità scaturirà fuori dalle urne. In primavera si torna al voto per l’Europarlamento. Che, seppur non pesa granché, conserva un ruolo strategico e decisivo (forse l’ultimo che gli resta) nella nomina proprio del presidente della Commissione. Se son rose, fioriranno.


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