Cronaca

Marisa Leo, un altro femminicidio: intanto arriva il Codice Rosso

di Eleonora Ciaffoloni -


L’INGRANDIMENTO – Marisa Leo, un altro femminicidio: intanto arriva il Codice Rosso

Si chiamava Marisa Leo e aveva 39 anni l’ultima donna che, nella serata di mercoledì a Marsala, è stata uccisa per mano di un uomo. Una morte che si aggiunge agli altri 78 femminicidi che dall’inizio dell’anno si sono registrati nel nostro Paese. Marisa Leo, come la maggior parte delle altre donne vittime di omicidio, è stata uccisa dall’ex compagno con tre colpi di pistola all’addome, la stessa arma con cui poco dopo si è tolto la vita. L’uomo – nonché padre della bambina di tre anni nata dalla loro relazione e ora rimasta orfana – era stato denunciato dalla vittima per stalking nel 2020.

Sembra di risentire la stessa storia, ancora una volta una fotocopia di un copione che sembra essere stato scritto per decine di vittime che non sono sopravvissute al cosiddetto “ultimo incontro”. Perché secondo una prima ricostruzione dell’accaduto – e nonostante la denuncia pendente sulla testa dell’uomo e il deterioramento ormai irreparabile del rapporto – Angelo Reina, di 42 anni, avrebbe dato appuntamento alla ex compagna nell’azienda di famiglia “per chiarire”. Appuntamento di cui erano a conoscenza anche i datori di lavoro della donna, a cui la stessa aveva raccontato poche ore prima di dover vedere l’uomo per “prendere la bambina”. Nessun accordo per la bambina e nessun chiarimento: nel vivaio della famiglia di Reina è avvenuto un omicidio. Angelo Reina ha sparato per uccidere Marisa Leo. Successivamente il 42enne si è recato su un viadotto all’ingresso di Castellammare del Golfo dove si è tolto la vita e dove è stato ritrovato dalla polizia. Marisa Leo combatteva per contrastare la violenza sulle donne. Lei stessa aveva subito le molestie insistenti del compagno, tanto da denunciarlo alle forze dell’ordine.

E così si era impegnata negli anni a sensibilizzare sul tema con campagne contro la violenza di genere: “Una forza così piccola, ma così dirompente e una vita che cresce al ritmo di due cuori che battono insieme. Donna, mamma, tu lavori, tu progetti, tu crei e sei fantastica per come lo fai. Cadi, ti rialzi, piangi ma non molli, e sei perfetta così come sei. Donna, mamma, TU, non sei sola” recita Marisa in video nel 2019 con il pancione. E ancora nel 2021 in occasione della Giornata Internazionale delle Donne insieme alle colleghe di lavoro da voce allo slogan “Non una di meno”. Non sono bastati i messaggi e la lotta e non è bastata la denuncia.

A vivere lo stesso destino e a morire per mano dell’ex compagno è stata anche Rossella Nappini, un’infermiera romana di 52 anni che lunedì è stata uccisa a coltellate nell’androne del palazzo in cui viveva con la madre. A ucciderla – incastrato dalle immagini della video sorveglianza – è stato Adil Harrati, 45enne di origini marocchine, ora in carcere al Regina Coeli di Roma accusato di omicidio con l’aggravante della premeditazione. Due donne uccise in meno di una settimana che confermano la terribile media di un femminicidio ogni tre giorni nel nostro Paese. Una lunga lista di 79 donne – per ora 25 in più rispetto al 2022, quando furono registrati 54 femminicidi – in cui compaiono Giulia Tramontano, Sofia Castelli, Sara Ruschi e ancora Floriana Floris, Marinella Marino e tante altre. Tutte accomunate dallo stesso crudele destino: morire per mano di un uomo.

Ci ricordano di denunciare, di parlare, di raccontare, di cercare di “prestare attenzione” e di utilizzare tutti i mezzi necessari per evitare la violenza. Eppure, considerando i numeri, questi accorgimenti non sembrano funzionare. Intanto, l’aula della Camera proprio ieri ha approvato in via definitiva la proposta di legge sulle nuove norme al “Codice rosso” per le vittime di violenza domestica e di genere. Un testo che prevede “un’ulteriore ipotesi di avocazione delle indagini preliminari da parte del procuratore generale presso la Corte d’appello, che ricorre quando il pm, nei casi di delitti di violenza domestica o di genere, non senta la persona offesa entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato”.
Un passo avanti che però, di fronte a ciò che accade, non sembra essere abbastanza. Resta all’orizzonte il disegno di legge sul femminicidio, arrivato a giugno dopo l’atroce caso di Giulia Tramontano, che va a rafforzare la tutela della vittima di violenza e che inasprisce le misure di protezione preventiva. Ma anche quello, forse, non basta. Perché esiste e ancora vive una radicata cultura che a larghi tratti è basata sulla disparità di genere e sulla percezione della “normalità” della violenza e della molestia verbale e fisica. Lo spiega un mero dato: l’Italia è al 79esimo posto del Global Gender Gap del World Economic Forum sui Paesi con comportamenti virtuosi nei confronti delle donne al ritmo attuale. Che significa? Che ci vorranno 132 anni per raggiungere la parità totale.


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