Senato, per il secondo ok alla riforma della giustizia manca solo il voto finale
Il voto finale è atteso per martedì prossimo, ma con la conclusione dell’esame di tutti e otto gli articoli della riforma della Giustizia ieri si è di fatto messo un nuovo punto fondamentale al provvedimento. Tutti gli emendamenti presentati al testo che introduce la separazione delle carriere sono stati infatti bocciati disinnescando il rischio, per quanto remoto, di modifiche il cui effetto sarebbe stato quello di dover iniziare tutto daccapo. Completata la seconda lettura al Senato la prossima settimana, per il via libera definitivo alla riforma mancheranno, dunque, altri due passaggi parlamentari e, con ogni probabilità, il referendum confermativo. In politica mai dire mai, ma l’esito della votazione finale di martedì, almeno sulla carta, appare scontata e all’interno dei gruppi parlamentari sembrano già scaldarsi i motori in vista delle dichiarazioni di voto. Matteo Renzi ha già tenuto ad annunciare il proprio intervento per spiegare la posizione di Italia Viva, spiegando che il suo partito in linea di principio è favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati ma aggiungendo di considerare la riforma in esame come un “pastrocchio”. Insomma, all’orizzonte si profila un altro intervento-show di Renzi che certamente approfitterà della vetrina per sparare ancora una volta a zero sul ministro Nordio e su tutto il governo anche per il caso Almasri. Se dal Pd, invece, si punta il dito contro l’atteggiamento di chiusura della maggioranza a una discussione più ampia e si ribadisce nuovamente totale chiusura alla separazione delle carriere, rimarcando che in questo modo – ma non si capisce come e perché – si assoggetterebbe la magistratura al governo, dalle parti della maggioranza i commenti più entusiastici sono quelli di Forza Italia. Gli azzurri considerano la riforma come una vittoria storica e non vedono l’ora di incassare un risultato che appare come il frutto di una battaglia decennale. Una sorta di tributo e riconoscimento alla memoria di Silvio Berlusconi che per primo provò, senza riuscirci, a portare avanti una riforma della Giustizia. E se le reazioni forziste, dal viceministro alla Giustizia Sisto, al capogruppo al Senato Gasparri, passando per chi si è sempre occupato della materia come Zanettin, sono trionfalistiche, c’è chi già si prepara alla battaglia che si terrà fuori dal Parlamento, quella referendaria con l’Unione delle Camere penali che proprio ieri ha dato vita a un comitato per il sì alla riforma.
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