Materie rare, Urso: Rischio elevato di approvvigionamento, il circular non risolve il problema
C’è “un rischio elevato di approvvigionamento delle materie prime critiche, cioè quelle non energetiche e non agricole” e molta parte di queste “arrivano dalla Cina”. A sottolinearlo – dopo mesi di auspicio per un fabbisogno nazionale fondato sull’estrazione e l’annuncio di un Chips Act italiano con un piano che dovrebbe essere reso noto prima della pausa estiva – è stato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso della sua audizione in commissione Industria al Senato. Urso ha rilevato che l’Europa sulle materie prime critiche “dipende quasi esclusivamente dalle importazioni” e, “ad esempio, acquista il 97% dalla Cina, le terre rare pesanti sono raffinate esclusivamente in Cina, il 63% del cobalto mondiale è estratto in Congo e il 60% è raffinato in Cina”.
Dunque Urso ha indicato che “i rischi cui siamo esposti sono evidenti”. “Il fabbisogno” delle materie prime critiche, ha detto Urso, “è destinato ad aumentare i modo esponenziale” visto che sono coinvolte nello “sviluppo e diffusione alle tecnologie necessarie per gli obiettivi di decarbonizzazione”.
“La circolarità dei materiali e il rafforzamento dell’efficienza – ha osservato inoltre il ministro – possono attenuare, in una certa misura, il previsto aumento della domanda ma non risolvere il problema”. “Noi siamo bravi a riciclare – ha indicato ancora il titolare del Mimit – ma la sostituzione e efficienza dei materiali possono attenuare domanda, possono attenuare il problema ma non risolvere”.
Da Urso, in Senato, anche quella che appare una netta inversione di rotta sull’auspicata estrazione di materie rare in Italia. O almeno, come già da qualche parte era stato sottolineato, una opportuna precisazione sulle chances del Paese. Il governo ha proceduto ad una mappatura in Italia delle materie prime critiche e “con questa mappatura – insieme al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin – abbiamo verificato che possediamo 16 su 34 delle materie prime critiche” indicate dall’Ue, materie che possono servire specialmente per produrre “pannelli solari” ma queste materie prime critiche “si trovano in miniere chiuse dalla crisi di 30 anni fa per l’impatto, ma anche perché non c’erano margini di guadagno”.
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