Attualità

Matrimoni forzati: giovani donne vittime di una cultura patriarcale

di Redazione -


I matrimoni forzati sono tornati ad essere un argomento di dibattito, soprattutto a seguito di drammatici e recenti fatti di cronaca. Un report del Servizio Analisi Criminale ha illustrato i dati sui casi di matrimonio forzato avvenuti in Italia dal 2019 al 2021. Si tratta di un reato rubricato nel nostro ordinamento giuridico come “costrizione o induzione al matrimonio” con lo scopo di difendere soprattutto i minori da matrimoni precoci. Il report vuole analizzare il reato, con una prospettiva sulle vittime e sugli autori, dall’entrata in vigore della norma in parola (9 agosto 2019) al 31 maggio 2021. Il Servizio Analisi Criminale, incardinato all’interno della Direzione Centrale della Polizia Criminale, rappresenta un polo per il coordinamento informativo anticrimine e per l’analisi strategica interforze sui fenomeni criminali. Vi opera personale dei vari ruoli e qualifiche della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia Penitenziaria. Esso costituisce un utile supporto per l’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza e per le Forze di Polizia. Comunemente per matrimonio precoce si intende un’unione formale in cui sia coinvolto un minorenne, ed è considerato forzato quando il minore non è in grado di esprimere compiutamente e consapevolmente il proprio consenso. L’articolo 16 della Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazioni contro le donne (CEDAW) stabilisce che «i fidanzamenti e i matrimoni di bambini sono privi di effetto giuridico e sono presi tutti i provvedimenti necessari, comprese disposizioni legislative, per specificare un’età minima per il matrimonio e per rendere obbligatoria la registrazione dei matrimoni in un registro ufficiale». La maggior parte delle nazioni ha fissato a 18 anni l’età minima per il consenso al matrimonio, sebbene in alcuni contesti questa sia minore. Il matrimonio precoce attraversa paesi, culture, religioni ed etnie. Povertà, insicurezza e accesso limitato all’istruzione e a valide opportunità di lavoro fanno sì che un matrimonio forzato venga visto come una scelta vantaggiosa per le ragazze o come un modo per uscire dalla povertà delle famiglie. È quanto emerge dal report “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo 2020” di Terre des Hommes. Nel 2020, per effetto delle conseguenze economiche della pandemia, si è registrata una crescita del fenomeno, che sta indirizzando molte adolescenti al matrimonio forzato soprattutto nell’Asia meridionale, nell’Africa centrale e nell’America Latina. Nelle stesse aree si concentra prevalentemente anche il fenomeno delle gravidanze precoci. (“The Global Girlhood Report 2020”, Save the Children). Il fenomeno dei matrimoni forzati ha portato anche in Italia l’introduzione, nel cd. “Codice Rosso” (L.69/20194), del reato di costrizione o induzione al matrimonio. La nuova fattispecie, prevista all’art. 558 bis c.p., punisce da uno a cinque anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile. Il reato è punito anche quando è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. La pena è aumentata se i fatti sono commessi a danno di un minore. Prevenire e perseguire questo tipo di reato risulta complesso, poiché esso spesso si consuma tra le mura domestiche, o con la contestuale commissione di altre condotte lesive quali violenze, maltrattamenti, segregazioni. Le vittime sono quasi sempre ragazze giovani, nate in famiglie connotate da forte cultura patriarcale, costrette ad abbandonare la scuola, a vedersi negato il diritto alla salute e all’infanzia. Le vittime spesso non denunciano per paura di ritorsioni, mancanza di consapevolezza o perché viene loro impedito. Secondo il Report del Servizio Analisi Criminale, il reato è stato riportato maggiormente nelle regioni del Nord (Emilia Romagna e Lombardia in primis), ed è quasi assente al Sud Italia. L’85% delle vittime è rappresentato da giovani donne, il 15% da giovani uomini. L’analisi per fasce d’età mostra che un terzo delle vittime non raggiunge la maggiore età. Se il 41% delle vittime ha un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, il 9% non ha più di 13 anni, il 27% ha tra i 14 ed i 17 anni. Il matrimonio forzato è imposto maggiormente a vittime di nazionalità straniera (59%), in prevalenza pakistane e albanesi. Gli autori del reato sono in prevalenza uomini (73%) piuttosto che donne (27%). Hanno un’età compresa tra 35 e 44 anni (40%), mentre il 27% ha un’età compresa tra 45 e 54 anni e, il 15%, tra 25 e 34 anni. Il 76% degli autori è di cittadinanza straniera, in maggioranza pakistani, cui seguono albanesi, bengalesi e bosniaci.

(fonte Eurispes)


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