Mattarella ricorda il giudice Ferlaino, vittima della ‘ndrangheta
A cinquant'anni dall'omicidio del giudice, il messaggio del Capo dello Stato
A distanza di cinquant’anni dal brutale assassinio, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda la figura del giudice Francesco Ferlaino, vittima della ‘ndrangheta in Calabria. Ferlaino aveva 61 anni, era stato presidente della Corte d’Assise di Catanzaro e avvocato generale della Corte d’Appello calabrese. Fu barbaramente ucciso a fucilate a Nicastro, a pochi metri da casa sua dove lo attendevano i cinque figli. Per quell’omicidio, da cinquant’anni, si attende ancora giustizia.
Il ricordo di Mattarella
Il Capo dello Stato ha ricordato la figura del giudice e l’assassinio: “Il 3 luglio del 1975, mentre stava rientrando a casa, il giudice Francesco Ferlaino veniva ucciso a colpi di fucile da sicari mai identificati, esponenti della malavita organizzata. Francesco Ferlaino, primo magistrato vittima della criminalità in Calabria, con le sue indagini aveva inferto duri colpi alle organizzazioni criminali, riuscendo a cogliere, con lungimiranza, la complessità della ’ndrangheta e la sua capacità di penetrare in profondità i sistemi socio-economici”. E dunque: “Ricordare il suo spietato omicidio – prosegue il Capo dello Stato – ci esorta a continuare a opporci senza sosta a quanti disprezzano i valori della società democratica, fondata sulla tutela dei diritti dei cittadini, nella prevalenza delle regole dello Stato di diritto e sulla convinta adesione alla cultura della legalità”. La lezione di Mattarella è, al solito, quella dello Stato, della legalità e della memoria che deve vivere sempre.
La vicinanza dello Stato
Lo Stato, nelle parole del Presidente Mattarella, resta accanto alla famiglia del giudice Francesco Ferlaino: “A distanza di cinquant’anni, desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza della Repubblica ai suoi familiari e a coloro che lo hanno stimato e che in questi lunghi anni ne hanno ricordato la passione e l’encomiabile impegno nello svolgimento dell’attività professionale, dedicando la sua vita a servizio del Paese”. A distanza di cinquant’anni, dunque, resta fulgido l’esempio e il sacrificio di un servitore dello Stato che, proprio lo Stato, non vuole dimenticare.
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