Politica

Maurizio Paniz: “Nordio cambierà la Giustizia e il 41bis si può migliorare”.

di Ivano Tolettini -

MAURIZIO PANIZ AVVOCATO ©imagoeconomica


Il 41bis? Da mantenere. La riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio? La sottoscrive. Le nuove indagini su Unabomber? Ben vengano, ma attenzione alle sofferenze degli indagati quando finiscono nel tritacarne mediatico. Il bellunese Maurizio Paniz, 74 anni, noto penalista ed ex legale di Silvio Berlusconi, già deputato per tre legislature di Forza Italia, si muove sul binario del doppio garantismo: quello dei cittadini e quello delle istituzioni. Un bilanciamento di interessi per salvaguardare da un lato i diritti dei detenuti anche per i peggiori delitti, nel rispetto delle convenzioni internazionali, e dall’altro tutelare lo Stato come espressione dell’organizzazione politica e giuridica che i cittadini si danno con le elezioni.
In quest’ottica, avvocato, l’applicazione del 41bis come estrema ratio è lo strumento per salvaguardare la Repubblica dall’aggressione dei criminali mafiosi e terroristi?
Il carcere serve per i delinquenti. Quando viene emessa una sentenza di condanna definitiva deve essere eseguita totalmente. È la certezza della pena. Va eseguita nel rispetto di elementari principi di correttezza e di salvaguardia della salute, oltre che dei diritti del cittadino, secondo i principi costituzionali. Il carcere non deve diventare un veicolo di trasmissione all’esterno di notizie, ordini e disposizioni, oltre che di gestione di attività criminali, come succede quando si è in libertà.
Il 41bis non è “una raffinata forma di tortura” come qualcuno sostiene?
Se il carcere normale non è sufficiente a limitare la pericolosità di chi delinque ben venga un restringimento, che questo si chiami 41bis o in qualche altro modo, o che venga strutturato in maniera diversa, ma sono assolutamente d’accordo che debba essere mantenuto.
L’istituto del 41bis è perlopiù utilizzato per i capi delle mafie.
Siamo ai massimi livelli della criminalità e quindi si richiede il massimo livello di protezione dello Stato da un contro potere che mira a instaurare un proprio codice che si infrange contro il dettato costituzionale.
La questione nodale, dunque, è l’uso nella lotta a un controstato.
Esattamente. Certo, poi alcune restrizioni possono venire meno nella struttura specifica, nel senso che si può correggere qualche tipo di stortura perché tutto è perfettibile, però la base dev’essere tale da garantire che lo Stato, dunque noi tutti, si auto protegga.
Altro tema caldo resta quello delle intercettazioni.
La riforma Cartabia non basta. Sono totalmente allineato col ministro Nordio, nel senso che ritengo che le intercettazioni siano un importante strumento di indagine e di lotta alla grande criminalità e al terrorismo, e che debba essere salvaguardato come tale, ma penso che sia fuori del mondo dello stato di diritto l’utilizzo e soprattutto la diffusione di intercettazioni che nulla hanno a che vedere con i procedimenti penali. E che distruggono la reputazione delle persone. Quindi contro la diffusione di queste sono molto drastico. Purtroppo la diffusione dalle procure avviene ancora con una frequenza assoluta.
Per impedirlo che accorgimenti adotterebbe?
Sanzionerei i pm che diffondono, mettendole in richieste di provvedimenti, notizie che con il processo non c’entrano niente. Bisogna essere rigorosi.
Ma la normativa del 2020, anche secondo il garante della privacy, ha corretto le storture precedenti.
Ho un’idea diversa, perché da penalista vedo che proseguono. Bisogna intervenire su chi diffonde le intercettazioni. Quando un pm le mettono nelle richieste di misura cautelare e non c’entrano nulla con il procedimento ma riguardano la vita privata, l’inserimento è arbitrario e ingiustificato. Bisogna evitarlo. Dobbiamo intervenire più rigidamente.
Il caso Unabomber è riaperto. Lei difende l’ing. Elvo Zornitta, uno degli undici indagati.
Ho sempre detto di essere favorevole al prosieguo delle indagini per scoprire il colpevole o i colpevoli. Perché è l’interesse che ho da cittadino e da difensore dell’ing. Zornitta. So che è complessa la cosa, come il tempo trascorso dimostra, e per questo provo molta tristezza per le persone esposte all’opinione pubblica. Persone che erano rimaste nell’assoluto riserbo e che adesso sono messe nel tritacarne mediatico.
Anche perché il rischio che l’inchiesta non faccia l’auspicato salto di qualità è alto.
È la mia convinzione. Ripeto, provo tristezza per queste persone. Penso all’ing. Zornitta e agli indagati di cui non si sapeva nulla e di cui sono stati pubblicati i nomi e che adesso soffriranno per un po’ di tempo, magari senza alcun motivo, perché queste inchieste così dirompenti finiscono per suscitare attenzione con pesanti conseguenze sulla vita delle persone.

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