Economia

MEDITERRANEO CINESE

di Giovanni Vasso -


Sorpresa, i cinesi hanno messo nel mirino il porto di Taranto. Sorpresa, per modo di dire chiaramente. Da qualche decennio, infatti, Pechino sta investendo fortissimo nel Mediterraneo. Il Dragone rappresenta una realtà più che tangibile, dal Pireo fino alla Spagna, passando per il Nord Europa. Ma adesso che gli equilibri internazionali si fanno sempre più difficili, ora che il mondo sta per imboccare una strada di tensione tra blocchi geopolitici, la presenza asiatica nel (molto ex) Mare Nostrum, diventa un caso politico e strategico.
Taranto è uno scalo strategico. Ma non da adesso. I cinesi hanno già investito, e lo hanno fatto in maniera forte e decisa, con Ferretti Group. Dopo un iter lungo e irto di polemiche, iniziano nel 2019, il gruppo riminese (salvato dal fallimento, nel 2018, da Weichai nel disinteresse sostanziale dell’imprenditoria italiana) ha ottenuto di potersi insediare nell’area ex Yard Belleli. E puntano ad ampliare ancora di più le proprie attività, con l’avallo degli enti locali: Comune e Regione in testa. Ora però spunta anche Progetto Internazionale 39 che mira a ottenere l’uso di una piattaforma logistica ampia poco più di 132mila metri quadri nell’area di pertinenza dell’autorità di sistema portuale del Mare Ionio. La società sarebbe direttamente riferibile a Sergio Gao Shuai e alla “sua” associazione per lo sviluppo economico e culturale internazionale. Gao Shuai è tra i fondatori del Dragon Business Forum, ente nato per avvicinare Italia e Cina e incentivare gli scambi culturali e la collaborazione economica tra i due Paesi. Progetto Internazionale 39, che presenta soci italiani e contestualmente si iscrive nel novero di quelle società che puntano ad attuare la strategia della Via della Seta, l’ha spuntata sui danesi di Vestas. Si occuperà di movimentazione e stoccaggio di container e merci impegnandosi a utilizzare l’intermodalità. Sergio Prete, presidente dell’autorità portuale tarantina, ha però voluto puntualizzare che Progetto Internazionale 39 “è solo una società di scopo” perché “in realtà gli investitori saranno altri e saranno italiani”.
I cinesi, in realtà, sono degli autentici top player del settore, campioni indiscussi specialmente sul fronte delle cosiddette attività retroportuali, cioè quelle legate alla logistica e alle merci. E il loro impegno non è “limitato” al Mediterraneo. Anzi. Ad Amburgo, il principale scalo tedesco e tra i maggiori europei, gli asiatici di Cosco hanno stretto una forte alleanza con Hamburger Hafen und Logistik AG, entrando nel capitale sociale con il 24,9 per cento delle quote. È accaduto a ottobre scorso. E dagli equilibri tedeschi sarebbe dipeso anche il destino del porto di Trieste che possiede il 51% di uno dei terminal dello scalo giuliano.
La strategia del Dragone, nel Mediterraneo e in Europa, è ispirata da una cultura che sa guardare molto più lontano. Il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale Pino Musolino ha spiegato all’Identità che la visione di Pechino arriva da un lungo passato e guarda al futuro: “Al di là delll’impostazione del Partito comunista, i cinesi grazie alla cultura confuciana che si portano dietro da 5mila anni, ragionano per cicli temporali lunghissimi che vanno oltre le contingenze del momento. Dobbiamo pensare che la prima scadenza che hanno oggi è quella del 2035, poi c’è quella del 2049 per i cento anni e infine il 2100”.


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