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Economia

Il Mef è fuori dall’inchiesta sull’affare Mps-Mediobanca

di Cristiana Flaminio -


Il Mef non c’entra nulla nell’indagine sull’Ops Mps – Mediobanca che ha scosso il gotha dell’alta finanza italiana. Sull’offerta pubblica di scambio grazie alla quale Monte dei Paschi è riuscita a “conquistare” il salotto buono della finanza milanese, c’è un’inchiesta della Procura della Repubblica in seno al Tribunale di Milano. Che ha acceso un faro su alcuni dei volti più noti del capitalismo nazionale. Da Francesco Gaetano Caltagirone fino a Francesco Milleri, coinvolgendo nell’indagine pure l’amministratore delegato di Rocca Salimbeni, Luigi Lovaglio. La vicenda è abbastanza gustosa perché si sia tentato di incastrarci dentro pure il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Nessun accertamento sul Mef per l’affare Mps-Mediobanca

Non fosse altro che per il suo ruolo in Mps. Il Mef, difatti, era azionista di maggioranza di Monte dei Paschi. Una posizione che derivava dall’antico salvataggio del più antico istituto di credito italiano operato dal governo Monti. Ma ogni indiscrezione, retroscena, collegamento è saltato. Ieri, ufficialmente. Quando, ufficiosamente, fonti inquirenti hanno smentito seccamente accertamenti sull’operato dei funzionari del dicastero di via XX Settembre a Roma. E ciò, semplicemente, perché il Mef non era “intenzionato a scalare” Mediobanca né lo è mai stato. E, anzi, dalla procedura Abb ha massimizzato la dismissione. Forse, sussurrano le fonti, non è stato il massimo della trasparenza. Epperò non ci sarebbe nulla di illegale né di sospetto nella condotta del ministero sull’affare. E, di sicuro, non ci sarebbe stata alcuna ingerenza né intromissione da parte del ministro Giancarlo Giorgetti nella vicenda.

L’indagine prosegue e rischia di allargarsi

Intanto, però, l’inchiesta continua ed è destinata ad allargarsi. Ad altri luoghi della finanza italiana. C’è la questione del concerto. Anzi, del doppio concerto. L’idea degli inquirenti, difatti, è che il gruppo Caltagirone e i dirigenti della Delfin, la finanziaria vicina alla famiglia Del Vecchio, viaggiassero all’unisono. In “concerto” tra loro, appunto. Le strategie si sarebbero incrociate anche su altri, e scottanti, dossier della finanza italiana. A cominciare da quelli legati al destino di Banca Generali. Ulteriori novità potranno arrivare dall’esame dei materiali sequestrati nella giornata di giovedì scorso. Quando l’inchiesta è diventata di pubblico dominio e, contestualmente, sono scattate perquisizioni e controlli su documenti e file riconducibili agli indagati.


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