Attualità

MELONI CON IL “RISORGIMENTO” DI KIEV, FI PREDICA CALMA, M5S TEME ESCALATION

di Giovanni Vasso -

GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


Dopo un anno di guerra, la politica italiana rimane allineata e coperta sotto la bandiera ucraina. Giorgia Meloni, memore della lunghissima tradizione iper-atlatantista della destra, è andata a Kiev, nei giorni scorsi, dove ha paragonato la battaglia degli ucraini a quella degli eroi del Risorgimento italiano. Non ci sono dubbi, dunque, su dove sia collocato il governo italiano. Eppure, la maggioranza non è così graniticamente filo-Kiev. O meglio, lo è – in ossequio alle alleanze Ue e Nato – ma chiede di pensarci bene prima di imboccare la strada dell’escalation. Silvio Berlusconi è l’emblema di questa linea. Al punto di aver ingaggiato un duello a distanza con Volodymyr Zelensky che ha rivolto parole durissime all’indirizzo del Cav. Forza Italia, dopo le accuse del leader ucraino alla conferenza stampa con Meloni, ha chiesto conto e ragione alla premier. Che, da parte sua, avrebbe rassicurato gli alleati sul fatto che non ci sarebbero caccia in volo per l’Ucraina. La Lega, su questo, è più vicina a Fi. Beninteso, la compagine di governo vota sempre compatta gli aiuti per Kiev. Ma l’approccio alla guerra, che sta attraversando una fase di escalation, è molto più morbido rispetto a quello espresso dalla presidente del consiglio.
Che, sull’Ucraina, ha una sponda forte in quello che resta del Pd. Il sostegno all’Ucraina è fuori discussione, così come la critica totale alla Russia e a Putin. Chi s’azzarda a dire una parola poco chiara, passa per disertore. Così come accade nel Terzo Polo, il sostegno a Kiev è una delle pochissime cose che ancora unisce Calenda e Renzi, delusi (specialmente il primo) dopo il voto delle Regionali. Il M5s, invece, presidia l’area della sinistra pacifista. Il leader Giuseppe Conte, da Palermo, ha voluto replicare alle critiche sul dietrofront del Movimento che, ai tempi del governo Draghi, appoggiò l’invio di aiuti militari per l’Ucraina: “Lo dissi allora, ora è ancora più evidente, è stato un facile presagio il mio: l’unica certezza a cui ci conduce questa strada che abbiamo imboccato e quella di un escalation militare e di una guerra mondiale. All’inizio degli invii di aiuti ci dissero che avremmo mandato solo i proiettilì, poi ci hanno detto che ’mandiamo solo i fucili, poi i carri armati’. Ora stiamo parlando di missili a lunga gittata.”. Per i Cinque Stelle, dunque, sì a Kiev no all’escalation militare.
Il pacifismo trionfa nell’area extraparlamentare e tra gli euroscettici. L’ex Isp, oggi Democrazia sovrana e popolare, attorno al presidente onorario del Partito comunista Marco Rizzo e al leader di Ancora Italia Francesco Toscano, critica aspramente la guerra e agita le ragioni della pace, chiedendo esplicitamente di non inviare più aiuti militari a Kiev. Da destra, l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha sostenuto Italexit nell’ultima campagna elettorale, si è fatto portavoce dell’iniziativa dei Comitati per la pace.

Torna alle notizie in home