Meloni da Bruxelles: “Mai parlato del Mes, ottenuta flessibilità sul Pnrr”
GIORGIA MELONI
Non si parla al conducente, in questo caso a Giorgia Meloni. Che, ancora una volta, getta acqua (gelida) sul fuoco delle polemiche. Del Mes si parla più in Italia che in Europa. Se nel dibattito interno il tema legato alla ratifica del fondo salva Stati ha monopolizzato l’attenzione di tutti, a Bruxelles interessa poco. La presidente del consiglio forse esagera. Sa benissimo che la ratifica del meccanismo di stabilità è centrale nel dialogo tra Italia e Unione europea. E, anzi, è consapevole che si sta giocando una mano decisiva. Che comprende, oltre al Mes, anche altri temi. Tra cui quello del patto di stabilità che verrà, le politiche migratorie, le scelte Ue in materia di aiuti di Stato, che finirebbero per avvantaggiare, in maniera clamorosa, la Germania rispetto non solo all’Italia ma anche, per esempio, alla Francia. Dal momento che è concentratissima sulle mosse da fare, ha chiesto nei giorni scorsi, di fare un po’ di silenzio attorno al Mes. La maggioranza sembra sull’orlo di una crisi di nervi, tra forzisti pronti a ratificarlo subito e leghisti, Salvini in testa, intenzionati alle barricate, e tutto quel rumore rischiava di deconcentrare l’inquilina di Palazzo Chigi. Che ha chiesto tempo e lo ha ottenuto, anche formalmente, grazie alla sospensiva presentata dal deputato di Fdi Andrea Di Giuseppe. Quattro mesi di stop, discussione rimandata a settembre, come accadeva un tempo agli alunni svogliati.
Meloni, però, calca la mano. Anche perché, dai banchi e dai media dell’opposizione si alzano voci stentoree che accusano e preconizzano tragedie imminenti: “Per quello che riguarda il Mes il tema non mi viene posto, evidentemente è possibile che ci sia molta meno attenzione di quanta ne diamo noi nel dibattito italiano”. Insomma, ve la cantate e ve la suonate da soli.
E mentre l’Italia si divide sul Mes, un altro tema (caldissimo) torna piano piano a riaffiorare in superficie. Perché i puntini vanno uniti, e chi crede che ogni capo sia un tribunale, che ogni argomento rappresenti una trattativa a sé, sbaglia di grosso. L’argomento è il Pnrr. La domanda che tutti si fanno è la solita: ma quando arriva la terza rata? Il mistero, che inutilmente Fitto e Giorgetti nelle scorse settimane hanno voluto dipingere coi toni gaudiosi della situazione che a giorni si sblocca, sta diventando doloroso. E più intricato del terzo segreto di Fatima. Giorgia Meloni, dal consiglio d’Europa, si lancia in una spiegazione gloriosa del mistero Pnrr: “Sul piano economico ci eravamo presentati chiedendo pari condizioni per i Paesi con meno spazio fiscale, vale a dire la flessibilità dell’uso dei fondi esistenti. Oggi nelle proposte della Commissione questo elemento è presente e per l’Italia tra Pnrr e fondi di Coesione vuol dire 300 miliardi di euro che possono essere meglio spesi”. Ma intanto, Veerle Nuyts, portavoce dalla Commissione Ue, scrive su twitter che “in relazione alla terza richiesta di pagamento dell’Italia nell’ambito del Pnrr, la Commissione ricorda che i lavori sono ancora in corso”. E quindi si lancia nella solita evocazione degli “scambi costruttivi” che sarebbero “in corso con le autorità italiane” a cui “ulteriore informazioni vengono fornite ove necessario”. Ma state tranquilli, dice Nuyts: “Comunicheremo la conclusione della nostra valutazione non appena raggiungeremo quella fase”. Un muro di gomma, impenetrabile e molle. Come, forse, non hanno mai eretto nemmeno nelle commissioni pontificie, manco il Dicastero per le Cause dei Santi ai tempi belli.
Ma più che scomodare la dimensione sacra, quello della terza rata del Pnrr pare un mistero buffo. La verità è ovvia: anche la Commissione Ue si sta giocando la sua partita. Niente Mes? Niente terza rata. E l’Italia rischia grosso perché è dal Pnrr che dipendono i dati, oggettivamente lusinghieri, che pongono la nostra economia in una fase di crescita che altri Paesi (leggi Germania, per esempio) si sognano. Gli incrementi stimati quest’anno per il Pil dipendono, in buona parte, dagli investimenti del piano. La partita è questa. Ed è difficile. Occorre concentrazione e sangue freddo. Non si parla al conducente. Il piatto è ricco e ognuno, al tavolo da gioco tra Roma e Bruxelles, vuole portarselo a casa per intero.
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