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Meloni e l’Italia dei doveri “Stravolgeremo i pronostici”

di Rita Cavallaro -


Un discorso alla Nazione, dalla grande carica ideale, capace di trasmettere un messaggio forte: chiunque, se ci crede, può raggiungere le vette più alte. Vedere Giorgia Meloni, in quell’Aula della Camera in cui ha chiesto la fiducia sulle linee programmatiche del governo, ha richiamato alla mente della generazione X il manifesto di Steve Jobs, quando il 14 giugno 2015, sul palco dell’università di Stanford, ai laureandi disse qualcosa di così rivoluzionario da non essere più dimenticato: “Stay hungry, stay foolish”. Siate affamati, siate folli e… “siate liberi, perché è nel libero arbitrio la grandezza dell’essere umano”, ha aggiunto il premier riferendosi ai ragazzi che la contesteranno nelle piazze. Liberi di pensare, di agire e anche di sperare. Perché tutto il suo discorso è stato così appassionato e ricco di slancio verso il futuro da demolire il nichilismo dell’uno vale uno. Perché se l’uno fosse valso davvero uno, l’Italia non avrebbe avuto il genio di Leonardo Da Vinci, il sogno di Cristoforo Colombo alla scoperta dell’America e neanche quel Mario Draghi a capo della Bce. Men che meno Giorgia Meloni premier, non solo donna ma cresciuta ai margini sociali, quasi snobbata dall’intellighenzia di sinistra. È stata lei stessa a definirsi, senza vergogna un “underdog”, una sorta di sfigata che, non essendo figlia di, era destinata a rimanere nei bassifondi e invece ha stravolto i pronostici. È dalla fine del suo discorso che si comprende l’inizio della mission dell’Esecutivo Meloni. E da questo partiamo. “È quello che intendo fare ancora, stravolgere i pronostici… perché, alla fine di questa avventura, a me interesserà una cosa sola: sapere che abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per dare agli italiani una Nazione migliore. A volte riusciremo, a volte falliremo, ma state certi che non indietreggeremo, non getteremo la spugna, non tradiremo”. Il tetto di cristallo è infranto, sulla donna e su quella destra immeritevole di governare, perché pericolosa per la democrazia, per i diritti, perché fascista. Giorgia Meloni, con fermezza, ha condannato i totalitarismi una volta per tutte, sia il fascismo ma anche il comunismo, mettendo fine a chi la critica di venire dai giovani dell’Msi. Chi strumentalizza il passato, senza ricordare se, a vent’anni, la pensasse come oggi e capire che è la maturità a muovere il cambiamento. “Libertà e democrazia”, ha detto , “sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea, nei quali da sempre mi riconosco” e “non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici; per nessun regime, fascismo compreso, esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre”. Meloni ha aggiunto: “Combatteremo qualsiasi forma di razzismo, antisemitismo, violenza politica e discriminazione”. Un discorso che ti aspetti da un leader di sinistra, un patto per il futuro, perché contiene le sfide per risollevare l’Italia, definita una “nave” che “ha subìto diversi danni”. La sfida più imminente è quella dell’energia. “Andranno sfruttati i giacimenti di gas in mare e dovremo rafforzare le misure a sostegno di famiglie e imprese”, ha garantito, annunciando “un sostegno imponente” su “bollette e carburanti”. Attenzione a l Pnrr, “come l’opportunità di compiere una vera svolta culturale” con “investimenti di medio termine destinati al benessere dell’intera comunità nazionale”. Appoggio atlantico nella guerra in Ucraina., perché “l’Alleanza Atlantica garantisce alle nostre democrazie un quadro di pace e sicurezza” ed è “dovere dell’Italia contribuirvi pienamente”. Sul piano fiscale una “rivoluzione copernicana” da cui “dovrà nascere un nuovo patto che poggerà su tre pilastri”. Il primo è “ridurre la pressione fiscale su imprese e famiglie attraverso una riforma all’insegna dell’equità”. Poi quoziente familiare e flat tax. Meloni è già al lavoro sulla legge di bilancio, in cui ci sarà “una tregua fiscale per consentire a famiglie e imprese di regolarizzare la propria posizione con il fisco”. Sostegno economico per chi non può lavorare, ma abolizione del reddito di cittadinanza, definito “una sconfitta” per chi è “in grado di fare la sua parte per l’Italia”, perché “la povertà non si combatte con l’assistenzialismo, la porta della dignità di un uomo è il lavoro”. Da costruire, invece, “una riforma costituzionale in senso presidenziale, che garantisca stabilità e restituisca centralità alla sovranità popolare”. Infine gestione dei flussi migratori, famiglia e istruzione. Nelle repliche il premier è partita dal Pd: “«Ho sentito dire che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini… Onorevole Serracchiani, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?”. E la dem: “Non c’è solo lei”. In un botta e risposta che, lungi dalle regole parlamentari, rappresenta uno spartiacque. Meloni sceglie un linguaggio nuovo e rompe gli schemi, mettendo a nudo la delegittimazione della politica, che, “per troppo tempo ha abdicato al suo ruolo, un ruolo che oggi vogliamo contribuire a restituirle”, per rendere “credibilità alla politica e a questa nazione”.


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