Politica

Meloni fa giustizia

di Domenico Pecile -

CARLO NORDIO MINISTRO GIORGIA MELONI PREMIER


Onnipresente. Pragmatica. Iperattiva. Non teme gli avversari, che spiazza con il suo attivismo. Non indulge a compromessi. Non è tenera neppure con i suoi alleati (Salvini e Berlusconi ne sanno qualcosa). Non si fa intimorire da “ricatti” interni. E, soprattutto, prende decisioni in tempo reale, senza sondare il consenso preventivo. Per carità, nulla di straordinario, nessuna mitizzazione. Semplicemente un’istantanea sul premier che ci ha catapultato nuovamente, dopo anni di torpore, ai tempi della politica, prma dell’abdicazione del decisionismo nelle mani dei tecnici (o esterni) alla Monti o alla Draghi.
Insomma, il suo attivismo – e qui non entriamo nel merito – è politica allo stato brado nel senso del “fare” in nome del ruolo ricoperto. La Meloni euroscettica, euro diffidente, amica dei sovranisti, viaggia. E percorre in lungo e in largo le coste del Mediterraneo alla ricerca di intese economiche e di prospettiva con partner ostici, ma nel contempo rimane in cabina di regia sulle vicende interne, siano esse di carattere squisitamente politico , istituzionale o economico.
Proviamo nel dettaglio. E’ corsa ad Algeri rendendo omaggio a Mattei, fondatore dell’Eni in quel Paese, per sottoscrivere cinque accordi bilaterali, il cui principale obiettivo è quello di rafforzare i rapporti strategici sul gas e gettare le basi le basi, appunto, del “Piano Mattei” per l’Africa. Da sempre, infatti, va ripetendo che il Mediterraneo è strategico per gli interessi del nostro Paese, spiazzando un po’ chi pensava che il suo pensiero fisso fosse quello della difesa dei confini e della lotta all’immigrazione in chiave anti-europea. Ma la sua politica estera è punteggiata anche dalle visite in Egitto, Tunisia e Turchia, ribadendo più volte che “vogliamo avere un’Italia presente in tutti gli scacchieri che contano”. E non a caso, intervenendo in video conferenza al vertice triestino dell’altro ieri dedicato ai rapporti strategici con i Paesi occidentali dei Balcani, lo stesso premier aveva sottolineato che “l’obiettivi del governo è quello di portare più Italia nei Balcani e nel contempo l’Ue deve sviluppare una nuova visione nei confronti di questa regione”. Senza dimenticare, rimanendo nell’ambito della politica estera, i suoi incontri con i vertici dell’Ue che, se da un lato sono stati stigmatizzati come un rinnegamento di quanto aveva affermato per anni, dall’altro dimostrano anche un senso pragmatico, tempestivo della sua realpolitik.
Ma, come si accennava, un occhio sullo scacchiere internazionale l’altro su quello interno, peculiarità che l’ex premier Mario Draghi non ha mai palleggiato con la stessa scioltezza: o era là, o era qua. Questione di approccio politico, appunto. L’esempio più evidente dell’ubiquità della Meloni è quanto sta accadendo in Lazio. Ove ha deciso di togliere la guida del partito a Roma a Massimo Milani, vicino al vice presidente della Camera, Fabio Rampelli, per affidarla a Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione nazionale di Fratelli d’Italia. Per molti, si tratta di un siluramento nei confronti di Rampelli, che dopo essere rimasto fuori dalla squadra di governo ha dovuto pure ingoiare il rospo della mancata candidatura alla presidenza del Lazio per fare posto a Francesco La Rocca. Tutt’altro che un temporale estivo. Dal quale il premier si è riparato con un atto d’imperio che ha sta mettendo a soqquadro l’interno gotha del partito principale socio di maggioranza del Governo. Milani, che parla di fulmine a ciel sereno, ha chiesto alla Meloni di ripensare alla sua decisione “basata su false informazioni che le sono pervenute”. Ma il leader i FdI per adesso non ha alcuna intenzione di fare retromarcia. E mentre è costretta a lavare panni in famiglia, deve pure occuparsi – con lo stesso piglio decisionista della serie “Si fa quello che dico io” – del caso Nordio. Che sta infiammando l’agone politico dentro e fuori la maggioranza. E’ stata la stessa Meloni a frenare il Guardasigilli finito al centro delle polemiche per i suoi attacchi alla magistratura. “Non c’è bisogno di uno scontro con la magistratura – ha risposto alle parole di Nordio secondo cui “il Parlamento non deve essere supino e acquiescente” – Credo anzi che si debba lavorare insieme per capire dov’è il meccanismo dello Stato di diritto che non funziona e cercare invece le soluzioni più efficaci. Questo, il ministro Nordio, la magistratura e gli operatori del settore lo sanno meglio di me, io provo a metterci il buon senso: non credo che quando si affrontano queste materie ci si debba scontrare”.
E non ci si deve scontrare – pare mandare a dire a Berlusconi – neppure sulle tensioni venutesi a creare tra il governo e i benzinai. Certo, lei ha cercato una via di fuga per evitare lo sciopero, ma anche in questo caso ha scelto la linea della fermezza che per adesso continua a pagare. Usque tandem? Lo sapremo a breve. E anche se le rassicurazioni del governo non piacciono ai benzinai, tira dritto. E pare non far caso, per ora, alle crepe interne.

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