Politica

MELONI I MIEI PRIMI CENTO GIORNI

di Eleonora Ciaffoloni -

GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


Domani il contatore di Palazzo Chigi segnerà cento. Cento giorni di governo di centrodestra, ma soprattutto cento giorni di Giorgia Meloni Presidente del Consiglio. Un traguardo che per molti prima di lei poteva sembrare una formalità, ma è necessario tenere conto di come la cosiddetta “underdog” sia arrivata alla poltrona più ambita. “Una donna” ma anche “una madre” come si è definita lei stessa molto spesso, che in dieci anni ha corso in avanti nella classifica dei consensi passando dal 2% al 26% delle elezioni del 25 settembre. Elezioni che hanno dato un risultato inappellabile e che ha facilitato probabilmente anche la formazione “lampo” dell’esecutivo, nonostante le difficoltà. È toccato a Meloni, in qualità di leader del partito vincente, essere la mano in movimento sulla scacchiera delle poltrone e a trovarsi il primo ostacolo da superare ancora da premier in pectore: nel gioco dei compromessi delle poltrone emerge un audio di Silvio Berlusconi in cui legge a suo modo la crisi internazionale, il conflitto tra Russia e Ucraina e una sorta di riavvicinamento a Putin. La coalizione trema, ma Giorgia Meloni riesce a mantenere i buoi dentro la stalla con un semplice messaggio: “Atlantisti. O l’esecutivo non vedrà la luce”. Luce che si vedrà solo poche ore dopo con la salita al colle della nuova leader con in mano la lista dei ministri. Pragmatismo e lucidità vincono e Meloni, il giorno successivo procede al giuramento.
IL DECRETO RAVE
Il governo Meloni si instaura il 22 ottobre e i lavori iniziano a spron battuto. Già prima della fine del mese l’esecutivo vara il primo Dpcm, il discusso decreto anti-rave, in concomitanza con il grande rave in corso a Modena. Il decreto – che prevede la confisca degli oggetti utilizzati durante l’occupazione, la reclusione (da 3 a 6 anni), multe da 1.000 a 10.000 euro – è la prima battaglia anche delle opposizioni, che contestato fortemente il testo, che sarà poi rivisto incisivamente dal Parlamento. A far discutere, è stato soprattutto il primo comma dell’articolo 434bis del codice di riforma penale per cui “la norma si può applicare ad ogni raduno” di oltre cinquanta persone e l’introduzione del nuovo reato sulla “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Un Dpcm che oltre ai rave farà maretta anche per l’introduzione di novità sull’ergastolo ostativo, ma anche allo stop all’obbligo vaccinale anti-Covid per medici e professioni sanitarie e, di conseguenza, di successivi allentamenti delle regole anti-Covid.
INCIDENTE MACRON
Per il suo primo viaggio all’estero da premier, il 3 di novembre, Giorgia Meloni sceglie – non a caso – Bruxelles. L’obiettivo della premier è di togliere ogni dubbio alle accuse di anti-europeismo. Tuttavia, la prima divergenza internazionale non passa inosservata. L’incidente diplomatico con il presidente francese Emmanuel Macron sembra tracciare una linea tra il governo di Mario Draghi e quello appena instaurato. A far da miccia, la questione migranti, più precisamente il ricollocamento delle circa 230 persone salvate a bordo della nave Ocean Viking della Ong Sos Mediterranee. I due leader riescono a confrontarsi sulla questione alla Cop27 di Sharm el-Sheikh: un incontro, a margine della conferenza, che si conclude con la decisione di deviazione della rotta della nave Ong verso la Francia. Palazzo Chigi ringrazia, ma Macron non apprezza le conclusioni di una questione che “andava gestita diversamente e senza rivendicazioni politiche considerate inadeguate”. Meloni non ci sta, risponde ancora, ma la querelle viene spezzata dall’intervento del Quirinale. Dopo Sharm el-Sheik la tappa è quella del G20 di Bali: qui Macron viene tenuto a debita distanza da Meloni, che invece incontra nei vari bilaterali il presidente americano Joe Biden e il presidente cinese Xi-Jinping.
IL POS DI BANDIERA
Di ritorno dai viaggi di rilievo internazionale, a poco più di un mese dall’insediamento, il governo Meloni deve cominciare a mettere le mani sulla Legge di Bilancio. Una crisi economica, energetica e internazionale rende questa Manovra una delle più difficili degli ultimi anni e così Meloni sceglie di seguire i passi del suo predecessore ex Bce. E se da un lato l’Ue accoglie positivamente la tendenza “draghiana”, dall’altro frena sulle misure “bandiera”, che anche in parlamento fanno insorgere le opposizioni. Si tratta della proposta dello stop alle multe per gli esercenti che rifiutano pagamenti elettronici sotto i 60 euro, del tetto al contante a 5mila euro, alla proroga di quota 103 sulle pensioni e alla Flat Tax. E la crisi si riduce allo strumento del Pos, un dossier che rientra nella trattativa con l’Europa sul Pnrr e per cui il governo è costretto a un passo indietro.
BUON ANNO
ACCISE
Anno nuovo, accise vecchie. Con il passaggio al 2023 si accendono i fuochi d’artificio sul tema carburante. Perché con l’anno nuovo aumenta il prezzo del carburante, ma non solo: non viene rinnovato il bonus per lo sconto sulle accise. L’attacco è immediato: la premier viene presa di mira per i vecchi proclami da campagna elettorale sul taglio delle accise, ma anche su una promessa, contenuta nel programma elettorale di Fratelli d’Italia che punta alla “sforbiciata”. Un caos che sfocia nel cosiddetto Decreto Trasparenza che prevede l’esposizione da parte dei benzinai del prezzo medio del carburante previsto dal Mef. Una decisione che non risolve il problema dei prezzi del carburante alle stelle, ma soprattutto fa emergere scontento tra le file dei fornitori di carburanti. A poco sono valsi gli incontri con i benzinai e le associazioni di categoria: lo sciopero annunciato non è stato ritirato (se non il secondo giorno e in un secondo momento).
RIFORMA NORDIO
Non bastava il caos carburanti. Per il governo Meloni l’ultima patata bollente (almeno ad oggi) è quella del ministro della Giustizia Carlo Nordio che si avvia sulle riforme da realizzare, affondando però sullo strumento delle intercettazioni, dichiarando di volerne rivedere l’utilizzo a seconda del reato e a seconda della spesa. La polemica monta, ma Meloni blinda il Guardasigilli difendendolo a spada tratta, ma rimanendo allo stesso tempo aperta sul tema confermando la stretta ma solo sulle “distorsioni di un sistema a cui occorre mettere mano”. Ora, tra il primo viaggio extra Ue ad Algeri e la seconda visita in Libia con l’obiettivo di stringere nuovi accordi, Meloni cerca di rafforzare il peso dell’Italia a livello internazionale. E non finisce qui. La settimana prossima sarà a Stoccolma e Berlino, in vista del Consiglio europeo. Le prossime mosse dovranno essere indirizzate sul dossier migranti, ma anche sulle rate del Pnrr e di tutte le scadenze fino alla riforma del fisco, della concorrenza e dei balneari, tornati più che mai attuali. La strada per Giorgia Meloni è ancora lunga se rimane – e se viene concessa – la fermezza di guidare il Paese per cinque anni.


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