Politica

Meloni operazione centro

di Ivano Tolettini -

GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


“Toni è un artigiano della politica che non tramonta mai perché sa legare il voto alla rappresentanza degli interessi di centro. È un padovano di scuola dorotea, fedele ai dettami del rito bisagliano e sa sempre riconoscere il cavallo giusto perché sa fiutare il vento”. Pausa, sospiro. “Vede, con Guido si conoscono dagli anni Ottanta, quando entrambi militavano nel movimento giovanile Dc. Non stupisce che la rete degli ex democristiani nell’orbita di Fratelli d’Italia si stia allargando, del resto l’Italia è un Paese moderato e il Veneto è la quintessenza del pragmatismo politico. Dunque che Toni possa diventare l’alfiere nel 2025 con il supporto di FdI per le Regionali puntando a palazzo Ferro Fini, quando Zaia potrebbe spiccare il volo verso Bruxelles come Commissario europeo con una Lega/Liga in obiettive difficoltà sul territorio ché non ha un personaggio da candidare alla presidenza, rientra nella logica delle cose”. Sospiro, sorriso, fine del ragionamento. Toni sta per Antonio De Poli, 62enne senatore del gruppo parlamentare “Civici d’Italia-Noi Moderati-Maie” di cui è presidente e capogruppo, mentre Guido è Crosetto, il potente ministro della Difesa, cofondatore di Fratelli d’Italia e artefice con Meloni del successo clamoroso al Nord, con quel 32,6% dei suffragi nel Veneto che è stato il miglior risultato della Penisola. Sono i propugnatori di quella che Giuseppe Prezzolini nella famosa intervista del 1977 definisce una “Destra scientifica”.
A parlare è un amico di Toni, si conoscono da una vita, siedono entrambi in Parlamento e hanno in comune il Dna scudocrociato. Egli non vuole comparire, ma la campagna acquisiti che Crosetto per conto della sorniona Giorgia Meloni sta proseguendo tra gli amici ex Dc – da Gianfranco Rotondi a Maurizio Lupi e altri-, è sintomatica dello sguardo lungo e di un lavoro organico cominciato nel 2012 con la fondazione di un partito che ha la Fiamma Tricolore nel simbolo, ma che ha maledettamente bisogno di una classe dirigente che conosca le leve del potere parlamentare e decentrato perché molti degli ex An hanno passato quasi tutta la vita a fare opposizione. Per evitare, ad esempio, i problemi di questi giorni nell’approvazione della Legge di Bilancio. Ecco allora che De Poli, secondo questa vulgata politica, ha il profilo giusto per ambire a diventare il nuove Doge. Dopo avere fatto il sindaco nel suo paese, Carmignano di Brenta, all’inizio degli anni Novanta, con l’uscita di scena della Dc per i colpi di maglio di Tangentopoli è passato sotto le insegne del Centro Cristiano Democratico di Pierferdinando Casini, salvo poi prendere le distanze per allearsi con Lorenzo Cesa. Ha ricoperto per due volte il ruolo di assessore al Sociale – lui che è molto vicino al volontariato – nelle giunte Galan e nel 2004 dopo essere stato eletto europarlamentare ha rassegnato le dimissioni nel maggio 2005 per tornare a correre in Veneto, prima di essere eletto senatore nell’Unione di Centro. Da allora, era il 2006, è stato ininterrottamente sempre eletto a Roma: il 25 settembre nelle fila del centrodestra al Senato nel collegio uninominale di Ancona -, ma nel 2013 rientrò al Senato grazie ad un accordo tra Scelta Civica e PD. Insomma, il prototipo del politico che sa galleggiare con qualsiasi mare. Pochi giorni fa a Piazzola sul Brenta, sempre nel Padovano, ha organizzato una giornata di studi per giovani amministratori. “La politica deve sapere ascoltare i giovani e aprirsi alle nuove generazioni” ripete convinto, consapevole che la lunga corsa per diventare governatore è densa di incognite. A cominciare da quanti scalpitano, anche in FdI, per succedere a Zaia. Una per tutti la bassanese Elena Donazzan, assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro, che di esperienza ne ha parecchia e che sgobba, e che si è già autocandidata. Ma alla quale viene imputata troppa indulgenza col fascismo, anche per alcune cadute di stile che l’hanno fin qui fatta apparire divisiva. Vuoi mettere la capacità di De Poli nel farsi concavo e convesso a seconda delle necessità rappresentando quel centro in continuità con Zaia? Oltretutto che alle Regionali venete scatti l’ora di un rappresentante del partito di maggioranza relativo è nella logica dell’alternanza qualora, come è assai probabile vista la crisi in cui si dibatte il centrosinistra, i leghisti Fedriga, Fugatti e Fontana venissero confermati nel 2023 rispettivamente alla guida di Friuli Venezia Giulia, Trentino e Lombardia, e l’azzurro Cirio nel 2024 alla guida del Piemonte. Volete che Meloni non rivendicherebbe almeno la guida di una regione del Nord, dove stravince, quindi del Veneto, se i sondaggi continuassero a premiarla a discapito dei compagni di viaggio del Carroccio e di Forza Italia? E chi meglio di un moderato come De Poli, che ben conosce la declinazione del potere in tutte le sue sfaccettature come dimostra il suo cursus honorum, saprebbe rappresentare le istanze di una regione che vuol continuare a rimanere una delle locomotive d’Italia, tanto da archiviare il biennio 2021-2022 come uno dei migliori di sempre sotto il profilo della crescita? Ecco il motivo per il quale l’operazione De Poli auspicata da Crosetto e benedetta da Meloni è in rampa di lancio.


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