Economia

Meloni – Von der Leyen il Pnrr non basta più ora serve un piano B

di Giovanni Vasso -

GIORGIA MELONI PREMIER URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA


 

Settantacinque minuti. Un incontro disteso, tranquillo. Chi s’aspettava la rissa, o quantomeno un segnale di rottura, una piccola crepa, forse è rimasto deluso. Ieri, tra la premier italiana Giorgia Meloni e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, tutto è filato liscio. Si è parlato, in un’ora e un quarto, dei temi caldi: dall’emergenza migranti fino all’economia e, segnatamente, si è conversato del Pnrr. Il governo, in una nota che Palazzo Chigi ha diffuso subito dopo il summit a cui ha preso parte anche il ministro alle politiche Ue Raffaele Fitto, ha fatto sapere che l’incontro di oggi “ha rappresentato un’ottima occasione per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all’economia e alla migrazione”. Inoltre, l’esecutivo “ha riaffermato l’impegno” sul piano nazionale di ripresa e resilienza. Quattro parole, in tredici righe, per riassumere i 75 minuti dell’appuntamento.
Von der Leyen, da parte sua, ha voluto twittare la sua soddisfazione: “Un piacere incontrare Giorgia Meloni a Roma oggi. In vista del prossimo Consiglio Europeo abbiamo discusso di come continuare a sostenere l’Ucraina, garantire energia sicura e a buon mercato, promuovere la competitività dell’industria dell’Ue, fare progressi sul patto sulla migrazione. Abbiamo anche discusso dell’attuazione del Pnrr in Italia”. La presidente della commissione Ue si spinge, con ancora minore dispiego di parole, a raccontare qualcosa in più sull’incontro di ieri. Al di là delle questioni geopolitiche e strategiche (che, comunque, non sono di secondaria importanza), il tema dei temi è stato quello del Pnrr. Il governo italiano ha espresso da tempo la sua posizione, cioè quella legata alla necessità di rivedere obiettivi, tempi e soprattutto costi per evitare che il piano si trasformi in un fiasco. Se l’Ue non crede ai Comuni, che vedono le gare deserte perché alle imprese non conviene partecipare dal momento che gli aumenti delle materie prime divorano ogni margine di profittabilità, dovrà pur dare importanza alle rilevazioni di Eurostat che, nei giorni scorsi, ha rilevato come i prezzi alla produzione, a novembre ’22, siano lievitati del 27,1% nell’area euro e del 27,4% in quella complessiva dell’Unione. Roma, però, non calca la mano e ribadendo “impegno” apre a Bruxelles. Insomma, si è trovato un punto d’appoggio sul quale poter intavolare una trattativa. Che appare più grande del già mastodontico Pnrr.
Già, perché von der Leyen l’ha fatto intendere. Sul piatto non c’è solo Next Generation Ue. La Commissione, in queste settimane, si gioca la battaglia (economica) della vita. Ed è quella legata alla necessità di “promuovere la competitività dell’industria dell’Ue” a cui la presidente fa riferimento nel suo tweet. L’Inflaction Reaction Act varato dalla Casa Bianca rischia di materializzarsi come un coltello tra le scapole dell’Europa. Gli Usa “richiamano” la produzione strategica (hitech e green) lanciandosi in una corsa di fondamentale importanza, non solo economica ma anche politica. L’Ue deve reagire. Per farlo, dovrà abbattere due suoi tabù costitutivi. Il primo, dovrà allentare la morsa dei patti di stabilità per consentire agli Stati di sostenere e investire nelle produzioni strategiche. Il secondo, conseguente al primo, comporta il superamento della normativa contro gli aiuti di Stato alle imprese private. Fatto che, di per sé, è positivo. Ma sul quale occorre intendersi dal momento che l’Italia ha già fatto notare che c’è il rischio di creare disfunzioni su scala comunitaria con il parametro dello spazio fiscale. Insomma, settantacinque minuti non risolvono la partita (del Pnrr) ma sembrano averne aperta un’altra, quella del Green Deal europeo.

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