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Messaggi di morte e servizi deviati nel caso Autogrill

di Rita Cavallaro -


Tra i tanti punti oscuri che gettano ombre sulla vicenda dell’autogrill, c’è un assunto che viene usato come una scure per smontare l’ipotesi del complotto sul video con Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini. Se l’appuntamento con il senatore di Italia Viva, quel 23 dicembre 2020, era fissato nel suo ufficio al Parlamento e il luogo del nuovo incontro all’area di servizio di Fiano Romano è stato deciso solo all’ultimo momento e concertato dalle rispettive scorte, allora nessuno poteva conoscere quella nuova destinazione e orchestrare una trappola lampo così ben riuscita. È questo il mantra che viene ripetuto da mesi per minimizzare le denunce di Renzi e Mancini e tentare di fermare lo scandalo partito il 3 maggio 2021 con la messa in onda del video su Report e l’apposizione del segreto di Stato. Eppure, scartando la fantasiosa teoria che i due protagonisti avessero i telefoni intercettati, c’è un’altra ipotesi di complotto che prende forza dall’analisi degli indizi della storia e dai trascorsi del dirigente dei servizi. Perché se, come dimostrerebbero anche i tabulati telefonici agli atti, una spy story c’è stata, allora l’imboscata è stata possibile soltanto perché qualcuno ha saputo anticipatamente della presenza di Renzi e Mancini all’autogrill. Che Mancini fosse nel mirino lo si evince già da una circostanza avvenuta almeno due anni prima, quando lo 007 aveva iniziato ad occuparsi della gestione dei fondi dell’intelligence e aveva subìto un tentativo di furto presso una delle abitazioni romane messa a disposizione dell’agente segreto dall’amministrazione, per motivi di sicurezza. La ferrea volontà del capo reparto del Dis tesa a ripristinare le spese, in un contesto di economia che prevedeva anche il taglio dei costi inutili, sarebbe proprio all’origine del boicottaggio alla sua promozione, che sarebbe dovuta arrivare proprio nei giorni in cui la professoressa di Viterbo, “casualmente” in quell’autogrill di Fiano Romano, immortalò il fatidico incontro con Renzi che portò infine alla cacciata di Mancini dai servizi. A gennaio 2018, infatti, è stata riscontrata, ed è certificata, la presenza di due individui, un uomo e una donna, intenti a controllare, fotografare e filmare l’ingresso dell’ufficio diretto dal dottor Mancini e dell’auto della scorta, targa compresa, in dotazione al capo reparto del Dis. I due si accorsero di aver dato troppo nell’occhio quando un dipendente dell’agente lanciò l’allarme. E si dileguarono prima di essere fermati e identificati. Partirono immediatamente gli accertamenti, ma nonostante le indagini non fu possibile risalire all’identità delle due persone. Una situazione mai emersa finora e altamente riservata, alla luce della figura di Mancini, già capo del controspionaggio italiano e per anni sotto scorta a causa delle terribili minacce ricevute. Non solo, perché, scopriamo in esclusiva, che Mancini, il quale si era fatto troppi nemici all’interno delle agenzie di sicurezza nazionali e tra i funzionari dello Stato, era finito nel mirino di altri 007, che avevano perfino tentato di evitare che, tra il 2013 e il 2014, rientrasse in servizio in Italia da Vienna. L’Identità è entrata in possesso di alcuni dei messaggi manoscritti con le minacce di morte, recapitati presso l’abitazione in Emilia Romagna del dirigente. “Bastardo e sporco sequestratore ti avevamo detto di rimanere a Vienna. Quando torni in Italia ti facciamo secco”, si legge in uno firmato “Gli amici di Fava”. E ancora: “Continui a non capire un cazzo. Sei un cadavere che cammina!!! Tu e Pollari siete dei bastardi sequestratori… Come siete ridicoli insieme. Per te abbiamo già una bara vuota e pronta che ti aspetta qui a Roma. Se continui ad insistere di tornare a Roma, tua moglie e tua figlia troveranno un cadavere con una fucilata in testa… sei un porco sequestratore morto. Non sei degno di stare a questo mondo. Rimani a Vienna… Ti conviene!!! I tuoi amici… anche di Fava”.
Proclami di morte scritti in Italia e che, da alcuni elementi tra cui le parole “qui a Roma”, fissano gli autori nella Capitale, dove c’è il quartiere generale dell’intelligence e i principali palazzi delle istituzioni. Per la lunga scia di pesantissime minacce, Mancini era stato immediatamente messo sotto scorta, ma l’operazione “autogrill” ha portato all’incredibile decisione dell’allora sottosegretario con Delega ai Servizi Franco Gabrielli di revocare la protezione allo 007, costretto tra l’altro al pensionamento solo per aver incontrato Renzi per uno scambio di dolci natalizi. Senza contare che quel video ha sublimato il desiderio di persone pericolose che ancora si annidano all’interno dello Stato, quelli che l’ex premier Mario Draghi aveva definito “pupazzi prezzolati al servizio di Putin”, gli stessi che avevano fornito ai giornali le liste di proscrizione dei putiniani e che non sono mai stati individuati, nonostante gli annunci di Gabrielli. Senza contare che la talpa che avrebbe identificato Mancini nel video con Renzi, ovvero il suo ex collega Carlo Parolisi, ha totalmente esposto alla mercé dei malintenzionati il capo reparto del Dis, del quale fino ad allora nessuno conosceva il volto, visto che le uniche foto della spia risalivano al 4 febbraio 2005, quando riportò in Italia la giornalista Giuliana Sgrena, rapita in Iraq. Durante la trasmissione di Report del 3 maggio 2021, Parolisi, volto coperto e voce camuffata, identifica lo 007 rispondendo alle domande del cronista Giorgio Mottola, con il quale il giorno dell’intervista all’autrice del video dell’autogrill aveva avuto vari scambi di telefonate, come vi abbiamo riportato in esclusiva su L’Identità con tanto di tabulati. E aggiunge: “È fatto noto che Mancini frequenta politici di diversi schieramenti”. Lo stesso Parolisi, anni prima del processo per diffamazione a Ravenna contro il giornalista Gabriele Polo, alla domanda se Mancini fosse stato imposto dalla politica al generale Niccolò Pollari, risponde: “Non è vero”. Viceversa Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, il 7 luglio 2021, interrogato in qualità di testimone sulla vicenda autogrill, dichiara a verbale di aver ricevuto sulla mail della redazione alcune fotografie che ritraevano Renzi con una persona che “mi sembrava”, sostiene, essere Mancini. Però a Giovanni Floris, nella puntata di Di Martedì del 29 novembre 2022, dice: “Il caso vuole che io mi renda conto immediatamente che il personaggio che è con Renzi è Mancini”. Allora come mai Report a maggio dell’anno prima mandò in onda l’intervista a Parolisi che identificava lo 007? Perché Ranucci, un anno dopo, va in soccorso della fonte e afferma di essere stato lui a riconoscere Mancini? In realtà Parolisi, che chiamerà sua sponte Ranucci il 27 aprile quando ancora nessuno sapeva del video che sarebbe andato in onda il 3 maggio, oltre ad aver svelato il volto attuale del capo reparto del Dis ha anche fornito una serie di informazioni coperte da segreto, che rientrano negli “interna corporis” e che dunque rappresentano una violazione del segreto di Stato, per cui la magistratura starebbe ora accertando la sussistenza del reato. Un altro fatto molto singolare è che nella puntata del 17 maggio 2021 appare a Report un altro ex agente del Sisde, Marco Bernardini, guarda caso grande amico e collega di Parolisi. Ha infatti lavorato con lui al Sisde e, anche quando Parolisi è passato al Sismi e poi all’Aise, ha mantenuto stretti rapporti. Eppure a seguito della visione della serie di puntate di Report del maggio 2021, la prima reazione di Gabrielli e del vice direttore del Dis Bruno Valensise non è quella lineare di domandarsi cosa spinga i due ex 007 a esporsi personalmente nella tv di Stato per identificare un dirigente in carica, ma quella di contestare a Mancini una “sovraesposizione mediatica” con la conseguenza paradossale di togliergli la scorta e indurlo al prepensionamento. Sarebbe interessante conoscere chi è stato nominato al posto di Mancini.

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