Esteri

Mezran (Atlantic Council): “Il Paese ha bisogno di giustizia” Gramazio (Desk Libya): “Non solo energia, decisiva la stabilità”

di Cristiana Flaminio -

KARIM MEZRAN CENTRO STUDI AMERICANI


Se l’Italia vuole, davvero, svolgere un ruolo decisivo in Libia e se desidera che il Patto per la stabilità nel Paese nordafricano funzioni sul serio, dovrà cercare l’appoggio di altri due player fondamentali nell’area (e non solo): la Turchia e gli Stati Uniti. Secondo Karim Mezran, senior fellow dell’Atlantic Council di Washington, l’intesa con Ankara e Washington si rivelerebbe fondamentale e strategica per far sì che i piani italiani verso l’Africa abbiano, davvero, successo.
IL LAISSEZ FAIRE DEGLI USA
Interpellato dall’Adn Kronos, l’analista ha spiegato che, per capire gli equilibri nell’area, occorre partire da un presupposto ineludibile. E cioè quello secondo cui “l’Egitto non controllerà mai l’ovest” della Libia e, contestualmente, che la Turchia non riuscirà a fare altrettanto con l’est del Paese. Ecco, qui ci sarebbe lo spazio per dare al Piano Mattei del governo uno spazio di manovra importante. A ciò si unirebbe anche un’altra circostanza, non da poco. E ciò quella, secondo Mezran, per cui gli Stati Uniti, attualmente inoperosi sul fronte nordafricani, sarebbero “felici” se un partner europeo di specchiata lealtà come l’Italia si incaricasse di gestire il processo di pacificazione tra le due Libie per ridare stabilità, non solo al Paese ma anche a un’intera area strategica tra Mediterraneo e Medio Oriente.
PAROLA CHIAVE: GIUSTIZIA
L’analista, inoltre, si è detto d’accordo con l’idea italiana secondo cui l’Onu deve tornare ad avere un ruolo da protagonista in Libia. E ha spiegato: “In questo momento l’inviato Abdoulaye Bathily è l’unica figura neutra attorno a cui raccogliere tutte le forze, Meloni deve far emergere quali Paesi gli si oppongono perché vogliono mantenere lo status quo”. Secondo l’esperto, invece, chiedere in questo momento lo svolgimento delle elezioni, rappresenta poco più di uno “slogan senza senso” dal momento che l’eventuale tornata elettorale non risolverebbe nulla “se non creiamo un substrato intorno”. L’appello dell’analista a Meloni è toccante e servirà, alla premier, per trovare una chiave di lettura importante per leggere lo scenario libico e nordafricano in generale: “Nella sua visita a Tripoli non si dimentichi la parola giustizia. Questo è un Paese che ha visto massacri, fosse comuni e tutto è rimasto impunito. Sono questioni molto importanti per i libici”.
UN ALTRO PASSO
La necessità di dare all’impegno italiano in Libia un orizzonte più ampio rispetto alla mera risoluzione di problemi energetici da un lato e di sicurezza, con la gestione dei flussi migratori dall’altro, è condivisa anche dall’analista Luca Oliver Gramazio di Libya Desk. Che, ad Askanews, ha spiegato che “Sebbene l’Italia sia molto ben posizionata per svolgere un ruolo di primo piano nel dossier libico, dal 2011 Roma ha adottato un approccio transattivo al conflitto in Libia, concentrato soprattutto su risultati tattici immediati in materia di sicurezza energetica e migrazione irregolare, a scapito di una stabilità sostenibile e a lungo termine in Libia. Per questo l’Italia ha più volte collaborato con gruppi armati nella Libia occidentale per arginare il flusso di migrazione illegale”. Dunque ha spiegato quali sono state le conseguenze di queste scelte, che hanno portato “molte critiche all’Italia e all’Ue più in generale, a causa della pratica di rafforzare gruppi armati accusati di tratta di esseri umani e violazioni dei diritti umani”. Si tratta di “intese e accordi in ambito migratorio con le milizie nella Libia occidentale” che hanno di fatto rafforzato “attori problematici che alla fine si sono rivelati dannosi non solo per i diritti umani, ma anche per la costruzione dello stato in Libia», per cui «l’Italia potrebbe essere costretta a rivedere il proprio approccio transattivo di cooperazione tattica con i gruppi armati locali e a investire maggiori sforzi nello sviluppo di un piano strategico a lungo termine per stabilizzare la Libia”.
LE DUE LIBIE

Il tema delle due Libie, di Tripoli contro Tobruk e viceversa, è centrale. Per la buona riuscita non solo del viaggio della Meloni ma per l’efficacia del piano Mattei che l’Italia si ripromette di mettere in campo per riportare il Paese al centro delle rotte energetiche, riaffermando così una centralità che a Roma mancava, ormai, dai tempi della caduta del muro di Berlino quando l’Italia era sul confine tra l’Occidente e l’Est legato al Patto di Varsavia. Secondo Gramazio: “L’attuale approccio di Roma alla Libia si sta rivelando controproducente per le relazioni a lungo termine con la Libia nel suo insieme, perché è piuttosto divisivo”. Tuttavia c’è da considerare il fatto che “l’Italia non è l’unico Stato il cui impegno attivo con il governo di unità nazionale poggia su basi instabili. Gramazio ha infatti ricordato che “solo poche settimane fa la corte d’appello di Tripoli ha stabilito che l’accordo di cooperazione sugli idrocarburi firmato dal governo di Tripoli con la Turchia nell’ottobre scorso dovrebbe essere sospeso”. E nella sentenza, “si afferma specificamente che il governo di Tripoli non ha giurisdizione per stipulare un tale accordo, facendo riferimento a un decreto del 2013 che vieta alle autorità di transizione di firmare qualsiasi intesa che possa avere un impatto sulle risorse naturali della Libia o sui confini sovrani/marittimi”. Insomma, occorrerà prestare molta attenzione per evitare passi falsi.

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