Lavoro

Mezzogiorno senza lavoro

di Giovanni Vasso -


Allarme Svimez: “Inflazione e povertà pesano sulla ripresa”

Gli italiani, specialmente al Sud, si sono scoperti più poveri: lavorano di più per guadagnare di meno e, come se non bastasse, quel poco che hanno in tasca se lo vedono anche rosicchiato dall’inflazione. E le prospettive che paiono peggiorare, giorno dopo giorno. Dal Covid, l’Italia non sembra uscirne migliore come pure ci si auspicava. Anzi, le conseguenze della pandemia e lo stress cui ha sottoposto le infrastrutture economiche del Paese hanno indotto lo Svimez a suonare l’allarme: non ci sarà ripresa, per nessuno, se prima non si troverà il coraggio di affrontare la “questione” del lavoro in Italia.

È stato presentato il nuovo numero della Rivista Economia del Mezzogiorno, edita da Il Mulino e curata dall’associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno. Il tema centrale del nuovo numero è quello delle politiche del lavoro. Su cui, come hanno fatto notare gli analisti dello Svimez “si sono scaricate fino ad oggi, le inefficienze di sistema di lungo periodo”. Le infrastrutture socio-economiche traballano ma le conseguenze della pandemia Covid e della guerra tra Russia e Ucraina rischiano di assestare il colpo di grazia. Il mercato nazionale del lavoro, secondo quanto asserisce lo Svimez è “già collocato su un sentiero divergente dagli altri paesi europei per effetto dei profondi cambiamenti nei caratteri dell’occupazione”. Questi mutamenti sono quelli che conosciamo fin troppo bene, ormai da un ventennio. E si tratta della crescita del cosiddetto lavoro “povero e precario” a cui si accompagna l’aumento dei working poor e l’amplificazione dei divari di genere e territoriali. In pratica, tutto ciò che l’Istat ha certificato negli ultimissimi rapporti pubblicati: in Italia cresce (solo) il lavoro precario, gli stipendi non fanno registrare nessun aumento di rilievo, si lavora senza migliorare granché le proprie condizioni economiche e al Sud un cittadino su dieci vive al di sotto della soglia di povertà. E tutto questo accade mentre l’inflazione corre e, spinta dai venti di guerra che si riverberano sugli aumenti vorticosi dei beni energetici, raggiunge livelli che non si registravano da quasi quarant’anni.

Bisogna cambiare registro, dunque. E farlo alla svelta. Per far rialzare l’Italia, secondo Svimez, occorre imporsi l’obiettivo politico e istituzionale, soprattutto al Meridione, di “un forte rilancio delle politiche del lavoro”. I numeri sono quelli che meglio rendono l’idea dell’emergenza e, quindi, della necessità di intervenire subito per ristrutturare l’impalcatura socioeconomica del Paese. Interpellato da Adn Kronos-Lab Italia, il direttore di Svimez Luca Bianchi ha snocciolato le cifre e i dati sul lavoro in Italia. “Abbiamo stimato che in Italia ci sono circa tre milioni di working poor, ossia persone che, pur lavorando, vivono in povertà. Di questi, quasi due milioni si trovano al Sud”. Bianchi teme che sarà il Mezzogiorno a pagare lo scotto più alto della crisi. “Soprattutto la sospensione di interventi governativi nel Paese, e in particolare nel Sud, può presentare dei rischi: siamo in una fase complicata in cui si incrociano, da un lato, le opportunità di ripresa date dagli investimenti Pnrr e rispetto al quale il Mezzogiorno ha già grandi problemi di attuazione e su cui c’è bisogno di un presidio forte centrale e l’inflazione”. Quest’ultima è una questione cruciale: “C’è bisogno di interventi che mitighino l’impatto dell’inflazione. Su questo il Sud rischia di pagare un prezzo molto alto perché la corsa dell’inflazione taglia il potere d’acquisto dei salari, che nel Mezzogiorno sono in media più bassi del 20 per cento. Al Sud l’inflazione colpisce le famiglie più deboli”.


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