Ambiente

Milioni di tonnellate di nanoplastiche nell’atmosfera: la ricerca svizzera

di Alessandro Borelli -


Quando si parla di particelle inquinanti di plastica siamo abituati a pensare ai nostri mari e oceani. In quel caso ragioniamo di microplastiche, cioè piccoli pezzi di materiale inferiori a 5 mm. La “nanoplastica” è invece almeno 5mila volte più piccola ed è quella che viaggia nell’aria.

In un nuovo studio, il ricercatore dell’Empa, il laboratorio svizzero per la scienza e la tecnologia dei materiali, Dominik Brunner, insieme ai colleghi dell’Università di Utrecht e dell’Istituto Centrale Austriaco di Meteorologia e Geofisica, sta studiando quanta plastica stia gocciolando su di noi proprio dall’atmosfera. Secondo lo studio, alcune nanoplastiche viaggiano per oltre 2mila chilometri nell’aria. Secondo i dati delle misurazioni, in Svizzera cadono ogni anno circa 43 trilioni di particelle di plastica in miniatura.

I ricercatori non sono ancora d’accordo sul numero esatto. Ma secondo le stime dello studio, potrebbero essere fino a 3mila tonnellate di nanoplastiche che coprono la Svizzera ogni anno, dalle remote Alpi alle pianure urbane. Queste stime sono molto elevate rispetto ad altri studi e sono necessarie ulteriori ricerche per verificare questi numeri.

Lo studio è un territorio scientifico inesplorato perchè la diffusione delle nanoplastiche nell’aria è ancora in gran parte inesplorata. Il risultato della ricerca di Brunner è la registrazione più accurata dell’inquinamento atmosferico da nanoplastiche mai realizzata. Per contare le particelle di plastica, Brunner e i suoi colleghi hanno sviluppato un metodo chimico che determina la contaminazione dei campioni con uno spettrometro di massa. Gli scienziati hanno studiato una piccola area a un’altitudine di 3.106 metri in cima alla montagna “Hoher Sonnenblick” nel Parco Nazionale “Alti Tauri” in Austria.

Qui dal 1886 si trova un osservatorio dell’Istituto centrale di meteorologia e geodinamica. L’osservatorio è gestito dal meteorologo e ricercatore artico Elke Ludewig. Da quando le ricerche sono iniziate qui alla fine del XIX secolo, l’osservatorio è rimasto non operativo solo per quattro giorni. La stazione di ricerca è servita anche come base per lo studio sulla diffusione delle nanoplastiche in aree remote. Ogni giorno e in tutte le condizioni meteorologiche, gli scienziati hanno rimosso una parte dello strato superiore di neve attorno a un marker alle 8 del mattino e l’hanno conservata con cura.

La contaminazione dei campioni da parte di nanoplastiche nell’aria o sui vestiti degli scienziati è stata una sfida particolare. In laboratorio, i ricercatori a volte dovevano rimanere immobili quando un collega maneggiava un campione aperto. L’origine delle minuscole particelle è stata tracciata con l’aiuto dei dati meteorologici e del vento europei.

I ricercatori potrebbero dimostrare che la maggiore emissione di nanoplastiche nell’atmosfera si verifica in aree urbane densamente popolate. Circa il 30% delle particelle nanoplastiche misurate sulla cima della montagna provengono da un raggio di 200 chilometri, principalmente dalle città.

Tuttavia, a quanto pare, anche la plastica degli oceani del mondo entra nell’aria attraverso gli spruzzi delle onde. Circa il 10% delle particelle misurate nello studio sono state trasportate sulla montagna dal vento e dalle intemperie a oltre 2mila chilometri, alcune delle quali dall’Atlantico.
Si stima che fino ad oggi nel mondo siano state prodotte più di 8.300 milioni di tonnellate di plastica, di cui circa il 60% è ora un rifiuto. Questi rifiuti si erodono attraverso gli effetti degli agenti atmosferici e l’abrasione meccanica da macro a micro e nanoparticelle.

Ma la plastica scartata è tutt’altro che l’unica fonte. L’uso quotidiano di prodotti in plastica come imballaggi e abbigliamento rilascia nanoplastiche. Le particelle in questa gamma di dimensioni sono cosi’ leggere che il loro movimento nell’aria può essere paragonato al meglio ai gas. Oltre alla plastica, ci sono tutti i tipi di altre minuscole particelle. Dalla sabbia del Sahara alle pastiglie dei freni, gli inquinanti si disperdono nell’aria.

Non è ancora chiaro se questo tipo di inquinamento atmosferico rappresenti una potenziale minaccia per la salute degli esseri umani. Le nanoparticelle, a differenza delle microparticelle, non finiscono nello stomaco. Vengono aspirati in profondità nei polmoni attraverso la respirazione, dove le loro dimensioni possono consentire loro di attraversare la barriera ematica e di entrare nel flusso sanguigno umano. Resta da ricercare se questo sia dannoso o addirittura pericoloso.


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