Editoriale

MISSIONE GIORGIA

di Tommaso Cerno -

Tommaso Cerno


Chi l’avrebbe mai detto. Giorgia Meloni la prima donna premier e la prima premier di destra della storia italiana doveva essere quella che fa la voce grossa dentro i confini nazionali, e quella che prende gli schiaffi fuori e invece India ed Emirati Arabi ci mostrano uno scenario rovesciato. La lunga marcia della giovane leader sceglie una via opposta. Se dentro l’Italia le polemiche infiammano, e i ministri più tecnici che avrebbero dovuto garantire la stabilità, come il titolare degli Interni Matteo Piantedosi, sono quelli che fanno ballare gli equilibri dell’esecutivo, a detta di molti osservatori internazionali e anche di alcuni leader di opposizione, Matteo Renzi per primo, Giorgia si sta dimostrando più brava all’estero di quanto ancora sia in Italia. Nell’ultima missione ha risolto due grossi guai che ci eravamo lasciati alle spalle. Dall’epoca del governo Conte il primo, quello dell’India, dai tempi dei due Marò, fino ai paesi arabi dove anche Draghi aveva fatto una gran fatica a passare. Il tema ora è quale sia la strada che si apre davanti al governo. E dove questa nuova versione internazionale del premier italiano possa spingersi nella ridefinizione delle partite strategiche che l’Italia sta giocando per garantirsi accesso al futuro energetico e una posizione di forza sullo scacchiere geopolitico. Il rischio però è che questa rimanga a lungo solo una bella domanda. Perché per portare davvero a casa questi risultati è necessario che Meloni prenda in mano, al più presto, il fronte interno con la stessa efficacia e se dopo le elezioni politiche del 25 settembre la composizione dell’esecutivo sembrava imporre alla compagine di centrodestra l’uso di figure tecniche per sbollire il clima rovente della campagna elettorale, e scongiurare uno scontro frontale prima ancora di partire, oggi sembra che proprio questo approccio sia il vero limite del governo. L’ultimo caso esploso è quello del naufragio di Crotone. Dove il Paese intero, al di là di come la pensi nel merito, ha avuto la percezione della debolezza del ministro dell’Interno. Una debolezza legata proprio alla sua natura tecnica, benché legata a doppio filo alla corrente leghista dell’esecutivo, di fronte ai dubbi sollevati dalla drammatica morte dei naufraghi sulle nostre coste. E’ come se il Paese, ancora in attesa di una verità, chiedesse a un governo così smaccatamente politico di assumersi tutta la responsabilità che nella fase di composizione delle poltrone sembrava invece più funzionale legare a ruoli senza una tessera. E così come è chiaro a tutti che la vicenda di Crotone dovrà trovare un chiarimento definitivo, per essere tolta dall’agenda politica quotidiana di Meloni, aumentando lo scontro politico già in atto, ogni giorno che passa sembra avvicinarsi l’ipotesi di un rimpasto che vada a sostituire proprio le caselle meno politiche con esponenti della maggioranza che ha vinto le elezioni. Questo vale per Piantedosi, ma anche per il ministro dell’istruzione Valditara, in un processo alle intenzioni, rispetto agli insuccessi o ai problemi inaspettati che il governo si trova ad affrontare, che sembra richiamare la necessità della politica. Una sensazione che prende corpo nel Paese e che porta nella direzione di un totale superamento della lunga fase inquinata che ha visto alternarsi in Italia per oltre un decennio governi mimetizzati dietro caselle apparentemente senza natura politica, che funzionavano come passepartout per le scelte più difficili e impopolari. Il ritorno del voto degli italiani porta dunque con sé la necessità di una definitiva chiarezza. Ed è indicativo che in un Paese dove la politica estera, dall’opinione pubblica almeno, è sempre stata considerata qualcosa di non incidente sull’orientamento elettorale del popolo, oggi ci rendiamo conto che il governo agisce meglio laddove la politica ha scelto una strada chiara rispetto a dove ha cercato il mimetismo.

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