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Money League, vince il Real ma domina la Premier. Serie A fuori dalla top ten

di Giovanni Vasso -

epa11094643 Real Madrid's midfielder Jude Bellingham (L) celebrates after scoring the 1-2 during the Spanish LaLiga soccer match between Real Madrid and UD Almeria, in Madrid, 21 January 2024. EPA/Daniel Gonzalez


Il Real Madrid mette in bacheca la Money League, il trofeo più ambito dai presidenti delle società di calcio. La Casa Blanca batte gli sceicchi e, come riporta Deloitte, è il club più ricco del mondo potendo vantare ricavi per 831 milioni di euro. Chi esce malconcio dalla Coppa dei Conti, però, è il calcio italiano. Sempre più piccolo, sempre più povero. Nessun club dell’ormai definitivamente ex campionato più bello del mondo entra nella top ten. La prima in graduatoria è la Juventus che, nonostante non sia nemmeno in Champions League, mette in fila tutte le altre. Subito dopo ci sono Milan e Inter a cui non è bastato diventare vicecampione d’Europa per fare un salto dal 14esimo posto evitando il clamoroso sorpasso dei cugini rossoneri, un anno fa solo 16esimi.

Le dieci sorelle

Non ce n’è manco una italiana. Vince il Real ma la Money League è dominata dai club inglesi. Il Manchester City, campione d’Europa, è seconda con 826 milioni di ricavi, cinque in meno delle merengues. I cugini dello United, nonostante il periodo durissimo di sconfitte e delusioni che si trascina ormai da qualche anno, sono quinti con ricavi per 745,8 milioni. Dal settimo al decimo posto sventola la Croce di San Giorgio: ci sono, in ordine di classifica, il Liverpool (682,9 milioni9, segue il Tottenham (631,5 milioni), poi c’è il Chelsea (589,4) e l’Arsenal chiude la top ten con 532,6 milioni di ricavi. La Francia si difende con il Psg che è terzo (802 milioni) e giusto per un paio di milioncini scavalca il Barcellona (800) che si piazza quarto. Infine c’è il grande Bayern Monaco che è sesto con 744 milioni e fischia di ricavi. Dunque: due spagnole, una francese, una tedesca e sei inglesi. Di italiane nemmeno l’ombra. Almeno nelle prime dieci. E c’è davvero poco da recriminare. La Juventus, undicesima, ha ricavi per almeno cento milioni di euro in meno rispetto ai Gunners decimi.

It’s coming home

Cinque italiane nei primi trenta club della Money League. Solo uno in più della Spagna che, oltre a Real e Barça, conta anche l’Atletico Madrid (15esimo a 364,1 milioni) e il Siviglia 25esimo a un soffio dall’As Roma (214,6 mln). Tre ne vanta la Germania (con il Bayern anche il Borussia Dortmund 12esimo con 420 milioni e l’Eintracht Francoforte 16esimo con 293,5mln). Tante quante la Francia che, insieme al Psg terzo e l’Oly 20esimo, ha piazzato il Lione al 29esimo posto con 199,1 milioni di ricavi. Poi c’è il Portogallo che piazza in graduatoria il Benfica di Manuel Rui Costa, fornitore ufficiale di talenti assoluti alla stessa Premier League: le Aquile di Lisbona sono al 22esimo posto con ricavi 233,4 milioni. Per il resto è stradominio inglese con ben quattordici club piazzati tra i trenta più ricchi del mondo. In pratica, poco meno di uno su due. La Nazionale inglese non vincerà granché, ma forse i tifosi britannici non hanno tanto torto a cantare: “It’s coming home”. Almeno dal punto di vista del business.    

Serie A dove sei?

Nonostante una stagione incredibile, fuori dall’Europa in maniera scioccante, passata a contare i punti di penalizzazione, ad appassionarsi, più che per le partite in campo per quelle tra Exor e tribunali, la Juve si conferma la prima potenza economica del calcio italiano. Ha macinato ricavi per 432,4 milioni. L’Inter, indebitatissima vice campione d’Europa, non è riuscita a fare meglio dell’anno passato a livello di graduatoria. Ha incrementato i ricavi del 23% e nelle casse nerazzurre sono finiti 378,9 milioni. Ma resta 14esima. Il Milan non avrà passato una stagione a macinare successi ma ha registrato incassi importanti: 385,3 milioni che le valgono il 13esimo posto. L’analisi di questo dato rossonero è semplice: il Milan resta il club più riconosciuto anche all’estero e conferma un potenziale economico importante nonostante il periodo poco brillante in Europa. Un po’ come lo United. Ma qui c’è la grande, incolmabile, differenza tra il calcio e il football, tra la Serie A e la Premier League.

Se le piccole inglesi “valgono” più delle grandi italiane

La Money League dimostra che il livello delle società italiane, anche di quelle che una volta si sarebbero chiamate le sette sorelle, è pari a quello della medio-bassa classifica inglese. L’unica squadra, oltre Juve e milanesi, capace di piazzarsi nelle prime venti è stata il Napoli. Il club di De Laurentiis è diciannovesimo con 267,7 milioni di ricavi. Poco prima dell’Olympique Marsiglia (258,4) e subito dopo il Newcastle del fondo Pif (287,8) ma soprattutto del West Ham (275,1). In pratica, i campioni d’Italia, sul mercato del calcio, valgono meno del club claret & blue classificatosi 14esimo in Premier l’anno passato. E non tirate in ballo la tradizione, Bobby Moore e le bubbles da soffiare per sempre: il Napoli è stato pur sempre il club di Maradona.

Ma è scendendo nella classifica che si incontrano altre sorprese. Il Brighton di De Zerbi, per esempio, ha ricavato più della Roma di Mourinho, solo 24esima. Per i Seagulls, ricavi da 231,3 milioni. Per i giallorossi nemmeno 215 milioni (per la precisione 214,9). Giusto per capirsi: Brighton, che finora non aveva mai visto l’Europa, fa 142mila abitanti, in pratica quanti ce ne sono a Torre Angela e Primavalle. Altre italiane, fino al 30esimo posto, non ce ne sono. La Fiorentina e la Lazio, presenti a Riyadh alla Supercoppa Italiana, non ci sono neanche.


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