Attualità

Monopattini, boom nelle vendite ma poche regole e tanta confusione

di Alberto Filippi -


Monopattini, fenomeno nuovo e ancora da gestire. In tema di governo del territorio l’imposizione, se possibile, andrebbe evitata, soprattutto se si vuole che i cittadini agiscano diversamente. Sarebbero più opportuni l’esempio e la pianificazione. Il cambiamento è, infatti, un processo soprattutto culturale e condiviso. Tutto ciò è mancato nelle attuali politiche di mobilità urbana, dove, diciamolo, assistiamo a molta improvvisazione. È un tema infatti che non può essere affrontato se non all’interno di un piano complessivo di interventi e regolamentazioni riguardanti il territorio. Per la questione dei monopattini gli errori sono stati gli stessi. Nessuna organizzazione, carenza di regole.
Ma procediamo con ordine. Qual è stata l’escalation di questi veicoli che vediamo sfrecciare per le strade in assoluta anarchia? In Italia nel dicembre 2019 i monopattini sono stati equiparati alle biciclette, e già a inizio del 2020 tanti appassionati non hanno di certo perso tempo e sono corsi ad acquistare un modello da utilizzare in strada. A maggio poi, dopo i terribili mesi di lockdown, ecco il regalo del Governo giallo-rosso: un ‘bonus mobilità’ valido anche per l’acquisto di monopattini elettrici: mezzi green e individuali che avrebbero potuto ridurre l’afflusso dei cittadini sui mezzi pubblici delle grandi città.
Approfittando del 60% di sconto/rimborso tantissimi italiani hanno infine ceduto alla moda del monopattino, senza ovviamente dimenticare tutti i “viaggi” effettuati grazie allo sharing, con servizi di noleggio condiviso spuntati come funghi nei maggiori centri abitati.
Da dicembre 2019 e settembre 2020 i monopattini condivisi sono passati da 4.900 a 27.150. È solo uno dei numeri che fotografano il grande cambiamento in atto nella mobilità delle città italiane, fra voglia di sperimentazione e di regole più severe.
Ma quali sono i numeri della micromobilità in Italia? Ad oggi sono 65.000 i veicoli leggeri in condivisione (escludendo quelli privati), offerti da 86 servizi di micromobilità. Fra questi ci sono 27.000 monopattini e 45.000 biciclette (IV Rapporto nazionale sulla sharing mobility – 2020).
L’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility nell’ambito dei suoi rapporti annuali evidenzia concretamente come stia cambiando la mobilità nelle nostre città. I servizi di micromobilità sono presenti in un terzo dei 110 capoluoghi di provincia italiani. Le città più attrezzate in questo senso sono Milano, Torino e Roma ed i servizi più diffusi sono:
1. Il bikesharing station-based, cioè il servizio di condivisione di biciclette a stallo fisso, presente in 26 città.
2. I monopattini in sharing, presenti in 17 città.
3. Il bikesharing free-floating, cioè senza obbligo di riporre la bicicletta in punti prefissati in 12 città.
4. Lo scootersharing, presente in 4 città.
La condivisione dei monopattini è un servizio sbarcato in Italia a fine 2019, ma l’esplosione si è avuta nel corso degli ultimi mesi. La condivisione dei monopattini, al pari con il bikesharing è il servizio di micromobilità più in crescita nel periodo post lockdown.
I monopattini sono un fenomeno nuovo, che suscitano da un lato l’entusiasmo e dall’altro le problematiche di tutte le novità che ancora non si sono imparate a gestire. Tantissimi utenti hanno familiarizzato con questi nuovi veicoli, ma in moltissimi però – soprattutto i teenager – hanno preso la cosa sottogamba, ignorando del tutto le regole ufficiali e soprattutto il buonsenso.
Oggi possiamo e dobbiamo permetterci un bilancio sulla questione, fra bisogni reali e polemiche politiche. E siamo costretti a farlo perché il fenomeno ha manifestato tutti i suoi limiti con un numero di incidenti che deve farci riflettere, sono 125 solo nel 2020 (fonte Governo Italiano). Gli amministratori di molte città poco attenti alle peculiarità dei loro territori hanno cercato di prendere due piccioni con una fava: guadagnarsi il bollino di città verde creando corsie-piste ciclabili decisamente “improvvisate” che hanno totalmente sconvolto la viabilità urbana; autorizzare, spesso senza il dovuto controllo in termini di sicurezza, nuovi servizi di sharing.
Di punto in bianco le nostre città hanno cambiato fisionomia peggiorando di gran lunga il problema che si pensava di risolvere facilmente, quello della mobilità urbana. Come dicevamo in premessa è stata una scelta che si è dimostrata poco accorta, perché priva di consenso cittadino e di un dibattito costruttivo, tanto più che non ha limitato il traffico automobilistico ma lo ha anzi aumentato costringendolo in spazi ridotti e forzati. A ciò si aggiunga il fatto che l’utenza maggiore è rappresentata da adolescenti che utilizzano il monopattino essenzialmente per svago; chi si muove in scooter o auto, infatti, continua a farlo, tranne rare eccezioni.
Inoltre prendiamo atto che il problema sicurezza in mancanza di una regolamentazione puntuale nazionale è rimasto in mano ai regolamenti locali che cercano di barcamenarsi alla meno peggio. Ma il problema della sicurezza è solo in parte politico; molto dipende dalla responsabilità personale di ognuno. Moltissimi utenti si sono infatti accostati al mondo della micromobilità elettrica senza conoscere le regole da seguire. Tanti sono soliti andare anche in due su un singolo monopattino, oppure sfrecciare sui marciapiedi, tutte cose già vietate dalle attuali regole. È dunque colpa delle istituzioni o degli utenti? Se un automobilista va a 250 km/h su un’autostrada con limite esplicito di 130 km/h, è colpa in qualche modo delle autorità che permettono alle auto di circolare o di quel singolo conducente a dir poco irresponsabile?
Poi si potrebbe di certo discutere di un eventuale patentino, o magari lasciare la guida dei monopattini a chi è già munito di patente – visto che parte del problema sono proprio i giovanissimi. È grazie a questo ragionamento che le polemiche politiche perdono ogni valore, con l’attenzione che invece vira naturalmente verso tutt’altro: la corretta informazione.
Come se non bastasse, assistiamo, oggi, ad un pericoloso trend in costante aumento, quello dei monopattini elaborati. Si moltiplicano infatti le segnalazioni di esemplari truccati sulle strade di tutta Europa, veicoli modificati per superare di gran lunga la velocità massima imposta per legge. E alcuni paesi si organizzano già con il pugno duro verso i trasgressori: è il caso della Norvegia, primo paese che ha adottato una linea dura contro i monopattini truccati. Per i trasgressori, oltre a multe e denuncia è scattato anche il sequestro del veicolo. Per i proprietari non vi sarà la possibilità di riottenere il loro dispositivo: tutti i monopattini truccati verranno distrutti.
Le immagini delle “bravate” circolano velocemente sui social network, creando una spinta emulativa non indifferente. Diversi monopattini sono stati immortalati mentre sfrecciavano su strade ad alta percorrenza, a velocità prossime agli 80 chilometri orari. Ben più rispetto ai 25 chilometri orari ammessi in carreggiata e ai 6 consentiti invece nelle aree pedonali.
Ovviamente, tutti i produttori di monopattini elettrici si sono adeguati alle normative dei vari paesi europei, implementando limitazioni hardware e software sui loro mezzi, eppure molti “appassionati” sembrano essersi organizzati diversamente, discorso valido, soprattutto per parte del 15% del 558.725 cittadini che, con il bonus mobilità hanno acquistato un monopattino, e che alterano i blocchi di fabbrica. In rete sembrano non mancare annunci di privati che, date le loro competenze in materia, propongono di “truccare” il monopattino altrui per cifre modiche. Una simile operazione sottostima però i gravi rischi che derivano dall’uso di un veicolo non più omologato. Non solo in termini economici, con la possibilità di vedersi comminare multe salatissime, ma anche di salute e sopravvivenza. Il monopattino non è infatti un mezzo progettato per raggiungere alte velocità: l’irregolarità dell’asfalto, buche, sassi o la semplice distrazione potrebbero avere effetti davvero disastrosi.
Cosa fare allora? Sarebbe opportuno portare nelle scuole superiori lezioni teoriche su come si guida un monopattino elettrico, unite a confronti con volontari del 118 per comprendere fino in fondo tutti i rischi che si corrono su questi veicoli – che non sono affatto dei giocattoli. Una simile campagna di informazione sarebbe davvero cosa buona e giusta, perché è troppo semplice puntare il dito contro i veicoli quando il vero problema riguarda chi li guida senza coscienza. Sulla eventuale obbligatorietà del casco, della targa e dell’assicurazione è tutto da vedere. Un utente consapevole, bene informato, che guida in modo corretto seguendo tutte le regole, riduce anche il rischio di creare incidenti e di farsi male, è su questo chiodo che bisogna battere. Nessun veicolo del resto è sicuro al 100% se chi guida non ha buonsenso: una bicicletta ha i medesimi rischi di un monopattino, scooter e motociclette ne hanno anche di più, persino camminare a piedi ci mette in pericolo – c’è chi cammina guardando lo smartphone, le strade sono piene di buche, ci sono sempre automobilisti distratti che potrebbero travolgerci. Bisogna dunque capire dove finisce la responsabilità delle istituzioni e dove inizia quella personale, sperando che si faccia un po’ di chiarezza in merito. Ma su un punto riteniamo non si debba discutere e rappresenta un’urgenza, qualunque sia il risultato del dibattito normativo in corso: l’obbligatorietà del casco. L’equiparazione dei monopattini alle biciclette e i risultati di questo primo bilancio, in termine di incidenti non ci lascia alcun dubbio e deve fare riflettere.A ciò si aggiunga che il vuoto legislativo ha portato i sindaci di numerose città ad introdurre regole spesso contrastanti: a Firenze, per esempio, una ordinanza, poi bocciata dal Tar, rendeva obbligatorio l’uso del casco. La situazione è obiettivamente disordinata, e il Parlamento deve riappropriarsi della materia riconducendo ad unità le eventuali proposte di legge per dare un quadro certo alla circolazione dei monopattini, in sicurezza. Il numero dei morti sulle strade esige il massimo degli accorgimenti per ridurne il numero e, purtroppo, è passato il messaggio che le regole che valgono per gli altri veicoli non debbano valere per i monopattini. Nulla di più sbagliato e pericoloso.

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