Morti accoltellati, aumentano i casi in Italia ed Europa
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Un fenomeno che viene da lontano, ma che si sta acuendo. Vi sono legate anche (ma non solo, naturalmente) dinamiche culturali, perché nell’ambito di alcune società, come quelle nordafricane e balcaniche, nel cui milieu si alimentano a volte i protagonisti negativi, il porto del coltello è più tollerato. Ma anche nelle bande di strada formate da italiani, legate alle curve da stadio com’è successo nel fine settimana a Bergamo, dov’è stato assassinato il tifoso atalantino Riccardo Claris, 26 anni, una laurea in Economia in tasca e un lavoro adeguato in una finanziaria dove stava crescendo professionalmente, per mano di un tifoso dell’Inter, il 18enne Jacopo De Simone. Anche il fratello adottivo di quest’ultimo, Carmine, è detenuto per omicidio volontario aggravato e rapina perché poche settimane fa aveva accoltellato a morte il 24enne Mario Vetere. In questo caso il tifo non c’entra. Vite bruciate, dunque, nonostante i due De Simone abbiano alle spalle una famiglia normale – i genitori lavorano in tribunale di Bergamo -; ragazzi che flirtano con la banalità del male fino alla rissa e al sangue. Alla base distinzioni di tifo, prese in giro in nome dell’appartenenza a una maglia diversa, sufficienti per innescare aggressioni all’arma bianca. Come nel caso di Claris, che non c’entrava nulla, sceso in strada dopo avere sentito che quelli dell’Inter cercavano il confronto. La zuffa era scoccata al Reef Caffè di Borgo Santa Caterina a Bergamo, nella quale Jacopo De Simone era rimasto coinvolto col fratello gemello e altri giovani perché canticchiavano a bassa voce un coro interista che prendeva in giro i neroazzurri atalantini. Tanto è bastato per la lite, quindi la fuga per poi ritrovarsi sulla scena del delitto dove casualmente si trovava Claris che stava ritornando alla propria abitazione all’1 di domenica. A colpirlo alle spalle De Simone, il quale a sua volta era salito in casa dopo la fuga per recuperare un coltello perché temeva che il gemello potesse essere aggredito. Così ha raccontato. Fraitendimenti, menti obnubilate da un po’ di alcol, fatto sta che quando De Simone torna in strada se la prende con Claris che il solo torto di tifare per la Dea. Viene colpito alla schiena, sotto una scapola, e muore. “Riccardo non ha alzato le mani con nessuno – scrive sui social la sorella Barbara – e questo è certo. Quindi mi fa parecchio arrabbiare leggere che c’è stato uno scontro finito male, perché dalle constatazioni delle forze dell’ordine molto probabilmente è stato colpito a caso alle spalle mentre tornava a casa”. Invece, nel Trevigiano, a Castelfranco Veneto, la rissa alla quale partecipano una decina di giovani avviene all’esterno della discoteca Baita a Lago ed a rimetterci la vita è il ventenne Lorenzo Cristea, di origine romene, residente nel Padovano a Trebaseleghe. Il confronto dialettico sfociato nel sangue tra due gruppi rivali – il secondo era costituito da marocchini naturalizzati italiani – era iniziato nel locale, ma il titolare aveva fatto accompagnare i ragazzi all’esterno dai buttafuori. Dove sono saltate fuori le lame e il bilancio è pesante: oltre alla vittima, un 22enne è ricoverato in prognosi riservata in rianimazione e altre due giovani hanno subito ferite più leggere. Sette giovani sono stati denunciati per rissa, mentre due magrebini di 19 e 21 anni, abitanti nella vicina Montebelluna, sono in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Il primo è un italo-marocchino, il secondo un richiedente asilo. I carabinieri hanno visionato le immagini del locale per ricostruire chi era presente e la dinamica dell’aggressione fatale. Il criminologo Marco Strano, di recente dopo un altro omicidio nella Bergamasca in cui la vittima era stata accoltellata, afferma che “per spiegare l’incremento del numero degli omicidi all’arma bianca non solo in Italia, ma nell’intera Europa e anche in Nord America, non è estraneo lo scollamento culturale perché in determinati contesti genera tensioni e malintesi. Questa tendenza la leggo in relazione a una grave escalation della violenza, in particolare nelle dispute legate al traffico della droga”. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, a proposito della morte di Claris sottolinea che non “è più una quesione di tifo, ma di crimine e come tale va trattata. Rischiamo di creare un po’ di confusione, io sto cercando in tutte le maniere di far prevalere il senso del rispetto e dell’educazione. Ci vuole una distinzione netta tra il crimine e la tifoseria”. Ma la violenza strutturata nelle curve, si pensi a quelle di Milan e Inter, c’è, eccome, Le inchieste lo certificano.
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