Murano, la manager e le mance ai tassisti: reintegrata dal giudice, ma sceglie l’uscita
A Murano, tra le vetrerie e le acque che separano l’isola dal cuore storico della Serenissima, la linea tra il favore e la colpa è talvolta sottile come un bicchiere soffiato a mano: è quanto emerge dal caso che ha coinvolto una front office manager dello Hyatt Centric, licenziata nel luglio 2023 per aver ricevuto, e poi distribuito ai colleghi in un gioco di squadra, mance dai tassisti acquei.
Un gesto che, per la direzione dell’albergo, è stato sufficiente a motivare l’interruzione del rapporto di lavoro, aggravata da una richiesta danni per 50mila euro. Ma per il Tribunale di Venezia, e per la giudice Anna Menegazzo, quella decisione è stata “sproporzionata” e “ingiustificata”.
Oggi la lavoratrice è stata reintegrata formalmente, anche se ha scelto di non tornare, preferendo l’indennità sostitutiva di 14 mensilità. Nel reticolo mobile e sfuggente della Venezia turistica, motoscafisti, gondolieri e tassisti acquei sono figure-chiave. Custodi di tempi e itinerari, collaboratori invisibili di hotel e ristoranti, mediatori tra esigenze logistiche e ospitalità. Non è raro, anzi, è pratica piuttosto diffusa, che nei rapporti quotidiani tra gli albergatori e questi fornitori di servizi circolino piccoli ringraziamenti. Qualcosa in più di un sorriso, qualcosa in meno di una transazione formale.
Un caffè offerto, un favore contraccambiato, una mancia. Appunto. La manager finita al centro della controversia, con esperienza e responsabilità nel coordinamento della reception, aveva scelto di non trattenere per sé l’intero importo ricevuto, circa 28mila euro, ma di redistribuirlo al personale, secondo una logica che, in molte strutture veneziane, non è inconsueta. I colleghi, dai facchini alle cameriere, avrebbero ricevuto a cascata parte delle mance. Forse qualcuno è stato “dimenticato” e se l’è legata al dito, segnalando la manager, fino al provvedimento più estremo?
Il regolamento
Il problema alla base del procedimento disciplinare il fatto che il regolamento aziendale dello Hyatt Centric di Murano vieta, nero su bianco, l’accettazione di mance da fornitori e collaboratori esterni. Ma non è stato mai davvero applicato con rigore, né illustrato formalmente al personale, almeno secondo quanto sostenuto dall’avvocato della lavoratrice, Leonello Azzarini. “È raro che i dipendenti consultino regolamenti interni – spiega – e ancora più raro che lo facciano se una prassi, come quella delle mance, è accettata da tutti in modo implicito”.
Anche perché tutti hanno da guadagnarci. Una “prassi consolidata”, confermata anche in sede testimoniale da altri dipendenti, che hanno ammesso di aver beneficiato della ripartizione delle somme. Il punto, allora, non è tanto la condotta in sé, certo contraria al regolamento, ma la sanzione applicata: il licenziamento immediato. Secondo la giudice Menegazzo, non c’erano i presupposti per considerare interrotto il rapporto di lavoro. Il fatto era contestabile, ma non di gravità tale da giustificare l’allontanamento definitivo: “Inidoneo a determinare la risoluzione del rapporto”, ha scritto nella sentenza. Il contratto collettivo nazionale prevede, in questi casi, sanzioni conservative – come un richiamo o una sospensione – ma non la cessazione.
Tra le righe del procedimento si è insinuato un dubbio che nessuno, in sede giudiziaria, ha potuto chiarire fino in fondo. L’avvocato Azzarini ha sollevato l’ipotesi che dietro il licenziamento potesse celarsi “un problema personale”. Un’incompatibilità interna, una divergenza gestionale, un contrasto pregresso. Ma nel processo civile, l’ombra non basta: servono prove, documenti, atti. E su quel piano la questione è rimasta inevasa. Tuttavia, il fatto che la manager sia stata l’unica destinataria di un provvedimento così drastico, mentre altri colleghi coinvolti nella stessa prassi ne sono usciti indenni, alimenta legittimi sospetti. Cui il provvedimento del giudice implicitamente d° voce. Perché solo lei? Perché proprio in quel momento? Le mance erano note, accettate, persino attese da chi, nel frenetico equilibrio della gestione alberghiera, rappresenta il primo volto per il cliente che arriva e l’ultimo che saluta.
La manager di Murano volta pagina
La decisione del Tribunale di Venezia ha sancito l’illegittimità del licenziamento. Non solo: ha respinto anche la richiesta dell’hotel di ottenere 50.000 euro per “danno d’immagine”. Un danno, secondo la giudice, mai dimostrato e probabilmente sproporzionato rispetto ai fatti. Alla fine, oltre al reintegro, l’hotel è stato condannato al pagamento di otto mensilità come indennizzo. Ma la manager, pur potendo tornare al proprio posto, ha fatto un’altra scelta: uscire di scena. Ha rinunciato al reintegro, optando per l’indennità sostitutiva pari a 14 mensilità. Una chiusura elegante, forse necessaria per evitare di rientrare in un ambiente diventato per lei ormai tossico. Ma è una lezione più ampia. Il caso Hyatt Centric di Murano racconta qualcosa di più di una controversia tra dipendente e datore di lavoro. Interroga il modo in cui Venezia, e la sua economia turistica, gestisce le proprie consuetudini non scritte. Dove finisce la prassi e dove comincia l’infrazione? Chi decide cosa è “appropriato” in un contesto in cui il confine tra formalità e consuetudine è, per sua natura, sfumato? E ancora: qual è il prezzo della discrezionalità nei luoghi di lavoro? Perché una persona può essere sacrificata, mentre altri, nella medesima situazione, vengono ignorati? Il licenziamento non è uno strumento di selezione personale, ma un atto giuridico fondato su regole precise. E in questo caso, come ha stabilito la giustizia, le regole non sono state rispettate
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