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Musolino: “Il futuro dell’Italia? Il blu del Mediterraneo”

di Giovanni Vasso -


Il futuro del nostro Paese è nelle onde del Mar Mediterraneo. C’è una grande storia da onorare e da riattualizzare, per rilanciare l’Italia e, nel frattempo, contribuire a fare del mondo un posto più sicuro, più equo e più sostenibile. Il presente, intanto, si chiama Civitavecchia. Il porto laziale è tra i protagonisti assoluti al Seatrade Cruise Global 2023, l’appuntamento globale, che quest’anno si tiene a Fort Lauderdale negli Usa, delle eccellenze globali del turismo e del mondo crocieristico. Il porto laziale è sempre più centrale e strategico.
Il presidente dell’autorità di sistema portuale del mar Tirreno centro settentrionale, Pino Musolino, punta in alto: “Vogliamo sfondare il tetto di cristallo dei tre milioni di passeggeri” e, sul ruolo che la Blue economy gioca e giocherà nell’immediato futuro avvisa tutti: “Il Mediterraneo torna centrale dopo secoli di dominio delle rotte oceaniche, se l’Italia recupera il suo ruolo se ne avvantaggiano tutti, anche la Mitteleuropa”.

 

Civitavecchia, gli Usa e le crociere. Un successo che parte da lontano…
Abbiamo ottime relazioni con gli Stati Uniti, in particolare con Miami e la Florida. Del resto, Civitavecchia rappresenta il quinto o forse il quarto porto al mondo per il settore delle crociere e il 52% dei turisti che scelgono questo tipo di vacanze sono americani. Siamo il porto di Roma, chi vuole visitare la Città eterna deve fermarsi da noi. Ma siamo riusciti a imporci anche grazie a una visione lunga, che mette in connessione il porto coi grandi aeroporti internazionali romani e con la grande disponibilità di posti letto del territorio. È stato un lavoro inteso, infrastrutturale e di marketing iniziato negli anni Duemila che oggi ci porta a contenderci la leadership delle rotte crocieristiche con Barcellona. Quest’anno puntiamo al record di sempre: sfondare il tetto di cristallo dei tre milioni di presenze. Numeri che, finora, nessuno ha mai fatto nel Mediterraneo.

 

Quanto pesa la blue economy nell’economia italiana?
In Italia c’è un problema di percezione. Pesa già molto, la blue economy, ma il Paese sembra quasi non essersene accorto. Pochi sanno, rimanendo nell’ambito crocieristico, che quasi il 50% delle navi di nuova generazione è prodotto da Fincantieri. E, dunque, da un’intera filiera industriale complessa che va dalla grande carpenteria fino agli arredamenti, dalle soluzioni tecnologiche fino all’hotellerie. Esiste una grande ricchezza, da valorizzare e riportare al centro del dibattito. Non voglio ripetere cose trite e ritrite ma la cartina geografica non mente: l’Italia è un Paese che ha 8.500 km di costa, si trova al centro del Mediterraneo e oggi si ritrova in un momento importante, quasi storico.

In che senso?
Dalla scoperta dell’America, gli oceani hanno sempre detenuto la primazia della rotte commerciali. Ebbene, con l’incentivarsi e lo sviluppo dei commerci tra l’Est e l’Ovest del mondo e grazie agli investimenti infrastrutturali, penso al raddoppio del Canale di Suez, il Mediterraneo torna centrale. Nei prossimi anni lo sarà ancora di più. Perché, in prospettiva, il commercio mondiale si svilupperà anche, se non soprattutto, sull’asse tra il Nord e il Sud del mondo. Difatti sarà l’Africa il continente che crescerà di più in termini economici nei prossimi cento anni e crescerà di più anche in termini demografici.

Come si sta facendo trovare l’Italia alla vigilia di questo appuntamento che appare epocale?
Grazie al Pnrr, grazie alle eccellenze che ci sono nel settore pubblico ma anche agli investimenti dei privati, ci si inizia a muovere molto e bene. I porti sono in prima linea su tutte le frontiere dei cambiamenti che stiamo vivendo. Se ci si muoverà bene, l’Italia sarà centrale sulle nuove rotte commerciali, tra l’Europa e l’Africa passando per il Medio Oriente. Facendo valere le sue eccellenze produttive, veri e propri fiori all’occhiello del Made in Italy, Roma potrà recuperare un ruolo geopolitico importante. Ma sarà nei porti, che sono vere e proprie aree industriali, che si compirà la transizione ecologica. Abbiamo tante aree da recuperare e su cui si può e si deve lavorare. In Italia siamo stati tra i primi a fare le comunità energetiche portuali, anticipando anche il legislatore. La blue economy italiana, credo, è e sarà un elemento potenziale incredibile anche per le nuove generazioni. Dalla formazione fino ai nuovi lavori, alle nuove figure professionali collegate all’innovazione tecnologica: noi abbiamo la possibilità di dare tantissime opportunità ai nostri giovani. E di darne altrettante alle nostre imprese, che sono grandi, permettetemi di dirlo, nonostante in Italia, a volte, per fare impresa occorra tanta buona volontà e tanto coraggio. Eppure qui abbiamo tantissime, di altissimo livello. Per cui Io credo che sia decisivo, in ottica futura, ritagliarci un ruolo importante, senza sciovinismo ma di autorevolezza, all’interno del Mediterraneo.

Il mare e l’Italia dunque e nel futuro dell’Italia c’è il Mediterraneo. È retorica dire che il nostro Paese deve ripartire dal suo grande passato marinaro?
Non è retorica, anzi. Si può e anzi deve recuperare la consapevolezza che il rapporto tra il Mare e l’Italia sia stretto, di connessione autentica, connaturata. Recuperare una visione che ci viene dal nostro passato, non solo si può fare, ma si deve fare. Perché è nel mare è il vero oro dell’Italia che, come fin troppo noto, non ha petrolio né materie prime. Occorre recuperare quello che ci viene da una storia millenaria. Che è viva. Basta prendere la bandiera della Marina mercantile: all’interno ci sono le quattro repubbliche marinare, Venezia, Genova, Pisa e Amalfi. Sul mare abbiamo scritto la storia e non ce lo ricordiamo. Ma gli altri, all’estero, lo sanno benissimo. Siamo stati i primi al mondo, per dirne una, a “inventarci” la polizza di carico, il primo esempio di assicurazioni. Sa come si chiama la strada di Londra in cui trova la sede di Lloyd’s Bank? Si chiama Lombard Street. Ecco, nei secoli scorsi, con il termine “lombardi” si designavano gli italiani.

Un’Italia forte nel Mediterraneo cosa significherebbe?
È nel nostro Dna, è nella nostra storia. Se il nostro Paese assume il ruolo tradizionale che ha avuto nel Mediterraneo, sarebbe un bene per tutti. L’Italia fungerebbe da elemento di sicurezza, di garanzia e di stabilità per tutti. Anche per il Centro Europa che non può continuare a fingere di non avere una sponda a Sud. Investendo nel mare, l’Italia punterebbe a un futuro in cui c’è tanta innovazione, tanta tecnologia, tanta capacità e competenza. Qualità e competenze che il nostro Paese può già vantare, nel privato ma anche nel pubblico. Si tratta di mettere la giusta, come dire, priorità e metterci la giusta concentrazione su progetti a lungo periodo. Perché per realizzare le infrastrutture ci vuole del tempo, che va oltre quello delle elezioni. Ma le opere servono a tutti, a prescindere dal colore o dalla parte politica. Dobbiamo fare questo salto di qualità. Dobbiamo rimetterci tutti al servizio della nazione, non dei colori politici. Perché le infrastrutture servono a tutti. Se noi oggi facciamo un porto che funziona, ebbene servirà anche ai civitavecchiesi e ai romani che vivranno qui fra vent’anni, quando chissà chi governerà. Dalla blue economy, dunque, può arrivare un futuro roseo per tutti. Bisogna crederci.


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