Trapani, sospeso il fermo amministrativo della nave Mediterranea
Il tribunale di Trapani ha accolto il ricorso presentato dal comandante e dall’armatore della nave Mediterranea dell’omonima Ong, disponendo la sospensione del fermo amministrativo imposto dal Ministero dell’Interno. La decisione rappresenta una svolta significativa nella vicenda legata ai soccorsi effettuati nel Mediterraneo centrale e alle successive contestazioni mosse dalle autorità italiane.
La vicenda del fermo amministrativo
Il provvedimento di fermo era stato disposto lo scorso 23 agosto, dopo che la nave Mediterranea Saving Humans aveva soccorso dieci migranti al largo della Libia. L’imbarcazione, secondo quanto contestato dal Viminale, avrebbe disatteso l’ordine di dirigersi verso il porto di Genova, procedendo invece allo sbarco dei naufraghi a Trapani.
Per questa decisione, il Ministero aveva applicato una sanzione amministrativa di 60 giorni di fermo e una multa di 10.000 euro nei confronti dell’organizzazione.
La decisione del Tribunale di Trapani
Con l’udienza di oggi, il Tribunale di Trapani ha ritenuto fondate le argomentazioni presentate dalle avvocate Cristina Laura Cecchini e Lucia Gennari, difensori della Ong. Secondo i giudici, il provvedimento ministeriale sarebbe illegittimo, in particolare nella quantificazione della sanzione.
In attesa della pronuncia definitiva sul merito della vicenda, la sospensione del fermo consente alla nave Mediterranea di tornare operativa.
La reazione di Mediterranea Saving Humans
“La decisione è clamorosa”, ha commentato la Ong in una nota. “Il Tribunale di Trapani ha riconosciuto l’illegittimità del provvedimento del Ministero dell’Interno, che ha ignorato le nostre richieste e le motivazioni umanitarie che hanno portato la nave a dirigersi verso Trapani. La nostra priorità è stata tutelare le persone soccorse in mare”.
Un precedente importante per le Ong
La sospensione del fermo della nave Mediterranea a Trapani potrebbe costituire un precedente significativo per le altre organizzazioni impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo. In un contesto politico sempre più teso tra Ong e autorità italiane, la decisione del tribunale rappresenta un punto a favore di chi rivendica il diritto umanitario di soccorso in mare.
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