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Nba nella bufera Irving antisemita sui social: sospeso

di Redazione -


Una cosa è certa, Kyrie Irving sa come far parlare di sé. Sin da quando è entrato nella Nba il cestista classe ’92, prima scelta assoluta al Draft 2011 dei Cleveland Cavaliers, è sempre stato sulla bocca di tutti, e non solo ed esclusivamente per il suo enorme talento.

Il playmaker americano incomincia a farsi conoscere anche dai non addetti ai lavori nel 2012, grazie ad un video diventato virale in cui sfida uno contro uno la leggenda Kobe Bryant. Esattamente 4 anni dopo diventa campione NBA con i Cavs al fianco di LeBron James, grazie ad una storica rimonta sugli Warriors conclusa in una epica gara 7 con una sua grandissima giocata.Proprio quando sembrava essersi ormai consacrato decide di cambiare squadra, andando ai Boston Celtics, esperienza colma di aspettative che però dura solo due stagioni causa incomprensioni e litigi con ambiente e compagni. Nel 2019 approda così ai Brooklyn Nets assieme a Kevin Durant, ai quali poi si aggiungerà anche James Harden formando un super team, ma le cose non vanno certo come programmate, anche perché, oltre ai numerosi infortuni, nel 2021 Kyrie decide di schierarsi contro la lega americana scegliendo di non sottoporsi al vaccino per il Covid-19, saltando più della metà delle partite stagionali.

Poche settimane fa è iniziata un’altra stagione Nba e Irving si è già messo nuovamente nei guai.

È cominciato tutto con un suo Tweet, nel quale ha riportato il link di un film incentrato su storie legate all’ antisemitismo, dal titolo “Hebrews to Negroes: Wake Up Black America”, ovvero “Ebrei e neri: svegliati Black America”. Pochi secondi dopo il cestista aveva già gli occhi di tifosi, media e dirigenti della lega addosso, i quali sostengono che la condivisione di un elemento con più di 4 milioni di persone significhi pubblicizzarlo e quindi sostenerlo.

I primi ad intervenire sono stati il Commissioner della Nba, Adam Silver e Joe Tsai, proprietario dei Nets, i quali hanno condannato il tweet dichiarandosi delusi e desiderosi di incontrare personalmente il giocatore.

Con l’obiettivo di rimediare all’ accaduto, i Brooklyn Nets e Irving hanno donato, in collaborazione con l’Anti-Defamation League, 500mila dollari ciascuno a favore di organizzazioni nate per sradicare l’odio e l’intolleranza nelle comunità. La goccia che però ha fatto traboccare il vaso, è stata la mancanza di scuse da parte del giocatore in una conferenza stampa organizzata ad hoc, scuse arrivate solo successivamente via Instagram. Da qui la decisione dei Nets di sospendere il giocatore per almeno 5 partite, definendolo al momento inadatto a far parte della propria organizzazione. Kyrie non è di certo il primo, e probabilmente non sarà neanche l’ultimo sportivo professionista che commette un errore simile, dimenticandosi che per essere d’esempio e d’ ispirazione alle generazioni future non basta essere un fuoriclasse nel rettangolo da gioco.

La lista di sportivi che hanno commesso errori simili o di altro genere è lunga, e non bisogna certo guardare troppo lontano; infatti proprio all’ interno della stessa lega americana gli esempi sono diversi ed alcuni molto recenti, come Mayers Leonard, colpevole anche lui di frasi antisemite, e Joshua Primo, protagonista di condotte sessuali inappropriate nei confronti di una donna dello staff della franchigia. L’episodio relativo ad Irving dunque, sembrerebbe la conferma di una tendenza che vede l’Nba, una lega che non ha di certo paura a schierarsi e a combattere le proprie battaglie sociali con numerose campagne, non più forse capace di vigilare sulla condotta ed istruire al meglio coloro che la rappresentano ogni giorno in tutto il mondo.


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