Attualità

’Ndrangheta, indagato sindaco Pd di Reggio Calabria

di Rita Cavallaro -


Ancora un terremoto giudiziario per voto di scambio politico mafioso. A finire nel mirino della Dda è il comune di Reggio Calabria, con l’attuale sindaco del Pd, Giuseppe Falcomatà, indagato per presunti accordi elettorali con la ‘ndrangheta. Insieme a lui sono accusati degli stessi reati il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale Giuseppe Neri e il consigliere comunale dem, Giuseppe Francesco Sera.
L’inchiesta dei carabinieri del Ros avrebbe portato alla luce anche alcune irregolarità nelle operazioni di voto in due elezioni, quelle Regionali del 2020 e quelle per il rinnovo del Consiglio comunale di Reggio Calabria, quando la cosca Araniti avrebbe sostenuto propri candidati “alterando, con la complicità di scrutatori compiacenti”, le operazioni di voto. L’indagine, partita nel 2019 e sfociata in undici arresti, avrebbe ricostruito i legami degli indagati con la cosca, i quali avrebbero accettato il sostegno elettorale in cambio di assunzioni e incarichi. I reati contestati sono associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, reati elettorali, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Al centro del sistema c’è Domenico Araniti, detto il “Duca”, capo dell’omonima cosca che avrebbe messo le mani sulle elezioni nella città sullo Stretto. E poi suo genero, Daniel Barillà, considerato l’anello di congiunzione tra il mondo politico e quello ‘ndranghetistico. “Presenziava ai summit e alle riunioni operative del sodalizio, manteneva i rapporti con i rappresentanti delle istituzioni e della politica, raccoglieva voti in occasione delle consultazioni elettorali in favore dei candidati sostenuti dal sodalizio, stringendo patti elettorali politico mafiosi, agevolava l’infiltrazione della cosca nel tessuto socio economico ed istituzionale del territorio di riferimento, portava ambasciate e veicolava informazioni tra i sodali, forniva suggerimenti agli accoscati per eludere i controlli delle forze dell’ordine”: è questo il ruolo di Barillà, messo dalla Dda agli atti dell’inchiesta. Nel fascicolo è stato ricostruito anche il modus operandi della falsificazione delle operazioni di voto del 2020 e 2021: sempre lui si sarebbe procurato le tessere elettorali di alcuni cittadini impossibilitati a recarsi alle urne e avrebbe apposto di suo pugno la preferenza per il candidato che interessava alla ‘ndrina.
I politici che il clan avrebbe sostenuto sarebbero il consigliere regionale Neri e il consigliere comunale Sera. Quest’ultimo in corsa con il Pd nelle Amministrative che hanno portato all’elezione di Falcomatà. In cambio delle preferenze, gli ‘ndranghetisti avrebbero ricevuto favori, consulenze, commesse e appalti pubblici. I carabinieri hanno accertato che gli Araniti gestivano direttamente la discarica di Sambatello, frazione a nord di Reggio Calabria: decidevano loro a chi affidare il controllo della discarica e chi assumere. Tra le promesse, inoltre, quella di “inserire Antonino Araniti, figlio di Domenico, nella struttura politica comunale del Partito democratico, con il contestuale impegno a spostarlo dall’Ufficio comunale Settore Patrimonio ed Erp cui apparteneva, cercando di evitargli le sanzioni disciplinari derivanti dalla sua condotta negligente nello svolgimento dei compiti connessi al suo rapporto lavorativo (sanzione tuttavia comminatagli, con licenziamento disciplinare)”, si legge nelle carte.
A scandalo deflagrato, ieri il sindaco Falcomatà ha detto: “Sì, conosco Daniel Barillà, è un cittadino incensurato che fa politica da sempre“. Il primo cittadino coinvolto nell’inchiesta si è detto “tranquillo e sereno“, ribadendo di aver sempre “operato per la legalità” e sottolineando come “in questi dieci anni di Amministrazione ho già dovuto affrontare altre vicende giudiziarie e lo farò anche questa volta chiarendo tutto nel pieno rispetto e con assoluta fiducia nei confronti della magistratura“.


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