Cultura & Spettacolo

Nel libro di Andrea Ramazzotti edito da Diarkos 30 biografie di Campioni raccontano la storia dell’Inter

di Redazione -


L’Inter, il prestigioso “Football Club Internazionale Milano” fondato il 3 marzo 1908 a Milano nel ristorante l’Orologio da un gruppo di soci dissidenti del Milan, in 112 anni di vita ha entusiasmato “sportivi” (da noi, a differenza di ogni altro Paese, per “sportivo” si intende  colui che si appassiona allo sport e non solo colui che lo pratica) che lo sostengono sia a livello nazionale che internazionale. Secondo Club più titolato, l’Inter, che fin dalla sua prima partita ufficiale nel 1909 ha sempre militato nella massima serie del campionato nazionale, annovera nel suo palmarés 30 titoli nazionali (18 scudetti, 7 Coppe Italia, 5 Supercoppe italiane) e, a livello internazionale, 3 Coppe dei Campioni, 3 Coppe UEFA, 2 Coppe intercontinentali e una Coppa del Mondo FIFA. Nel 2010 è stata la prima ed è ancora l’unica squadra italiana ad aggiudicarsi le tre competizioni principali disputate nel corso della stagione: la Champions League, il campionato e la Coppa Italia e, con la Supercoppa italiana e la Coppa del Mondo per club FIFA, la prima e finora unica squadra italiana a vincere cinque trofei nell’arco di un anno solare.

Andrea Ramazzotti, giornalista dal 2004 presso il “Corriere dello Sport – Stadio”, nel libro “Le leggende dell’Inter. I fuoriclasse della storia nerazzurra” (Diarkos, pag. 264, Euro 17,00), ripercorre, attraverso le biografie di trenta “campioni” (Facchetti, Zanetti, Picchi, Milito, Mazzola, Meazza, Suarez, Zenga, Ronaldo, Eto’o, Materazzi, Boninsegna, Cambiasso, Rumenigge, Cordoba,…), alcuni dei “momenti” che hanno maggiormente coinvolto emotivamente la comunità dei suoi tifosi che partecipa alle sue esibizioni – sia dal vivo negli stadi sia attraverso i collegamenti radiofonici e televisivi, i resoconti su quotidiani e periodici, i commenti di approfondimento di cronisti e giornalisti – sempre pronta a “discutere” sui meriti o demeriti dei giocatori sia individualmente che come “squadra”, degli allenatori e dell’arbitraggio.

Ognuno di questi giocatori (la scelta, per l’autore, di soli trenta “nomi” tra i circa 900, tra italiani e stranieri che hanno vestito la maglia neroazzurra, non è stata certamente facile: è stata un po’ come quella di chi mandare in campo che deve effettuare l’allenatore prima di ogni partita sapendo che, per le immancabili esclusioni, “la sua scelta si presterà a critiche e non convincerà tutti”) ha scatenato passioni e entusiasmi diventando spesso personaggio leggendario ed è stato battezzato con soprannomi e vezzeggiativi che ne mettono in risalto le “peculiarità” fisiche o la capacità di dare alla palla traiettorie e rimbalzi che derogano dalle leggi delle orbite, come la punizione “a foglia morta” inventata da Mario Corso, scomparso lo scorso 20 giugno all’età di 78 anni, o i soprannomi di “Roccia”, dato a Tarcisio Burgnich, vincitore del campionato europeo nel 1968, uno dei migliori difensori “di tutta la storia del nostro pallone”; di “Bonimba” dato all’implacabile Roberto Boninsegna perché “aveva il culo basso e quando correva ricordava Bagonghi, un agilissimo nano del circo Togni”;  di “Spillo”, per la sua magrezza, a Alessandro Altobelli, pietra miliare dei successi ottenuti dalla squadra “nelle undici stagioni con la maglia neroazzurra addosso”; di “Acchiappasogni” al brasiliano Julio Cesar le cui “parate” sono state fondamentali per vincere il “triplete”; di “Veleno” a Benito Lorenzi, le cui provocazioni verbali facevano perdere la pazienza ai suoi avversari; di “Panzer” a Lothar Matthaus, “Pallone d’oro” 1990, per la forza che sprigionava in campo, di “Bobogol” a Christian Vieri, campione del mondo nel 2006, inserito da Pelé, in occasione del centenario della  FIFA, nella lista dei 125 migliori calciatori viventi. Il nome degli altri sono “sinonimi” di competizioni passate alla storia, come quelli di Giuseppe Meazza, giocatore simbolo degli anni 1930 e trascinatore della nazionale vincitrice di due campionati mondiali nel 1934 e nel 1938; di Giacinto Facchetti, uno dei giocatori più rappresentativi dell’intera storia interista, di Sandro Mazzola,  vincitore del campionato europeo 1968; di Giuseppe Bergomi, campione del mondo nel 1982; di Walter Zenga, plurivincitore del premio “Portiere dell’anno IFFHS”; di Marco Materazzi, anche lui campione del mondo nel 2006; dello spagnolo Luis Suárez, uno dei registi più forti nella storia del calcio; del “Pallone d’oro 1997” Ronaldo, campione del mondo nel 2002; dell’argentino Javier Zanetti, detentore assoluto del record di presenze nella storia nerazzurra.

Parafrasando la celebre frase di Virginia Woolf “dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”, Ramazzotti precisa che “dietro un gruppo di giocatori vincenti ci sono un grande tecnico e un grande presidente”. E’ un dato di fatto, “una delle regole non scritte di un mondo del pallone nel quale non tutti sono capaci di fare le scelte giuste dalla panchina o da dietro una scrivania. Perché gestire una squadra di successo è difficile come costruirla”.  L’Inter, ricorda Ramazzotti nel libro, “è un pezzo fondamentale della storia del calcio italiano: 112 anni di vittorie e sconfitte, trionfi e delusioni, trofei alzati e atroci beffe, campioni e ‘bidoni’. All’Inter spesso non c’è una via di mezzo: esaltazione o ludibrio, gloria o anonimato, vanto o contestazione. La pazza Inter è fatta così e anche per questo motivo i suoi tifosi amano in maniera tanto intensa lei e le sue leggende”.  Nel volume Ramazzotti racconta, in ordine alfabetico, “le storie di 30 giocatori che sono entrati nel mito nerazzurro a suon di gol spettacolari, prestazioni maiuscole e intuizioni geniali”, è un “racconto un po’ … pazzo come l’Inter”.

facile ottenere il consenso sul mantenimento.

 

Vittorio Esposito


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