Attualità

Nell’ora del coronavirus DIARIO DI UNA GIORNATA ATIPICA

di Redazione -


 

Questa mattina ho aperto le finestre e sono stato invaso da un silenzio fitto, inusuale, quasi surreale, rotto solo di tanto in tanto dal suono melodioso degli uccellini. L’aria è pulita, e il sole riscalda appena quell’insistente brivido invernale tipico di marzo. Dal giardino salgono lievi i profumi dei fiori e l’odore dell’erba ancora pregna di rugiada. Un gattino se ne sta disteso sul prato e di tanto in tanto miagola la sua presenza al mondo.

Tutto sembra rallentato, immobile. Anche i gesti e le parole sono più pacati e lievi.

E il tempo si lascia ascoltare nel suo metodico correre in avanti.

All’improvviso lo sguardo scopre visioni sconosciute. S’insinua tra le cose del mondo con maggior gravità, fino a intravederne il senso più recondito.

La dimensione del momento assume connotati nuovi e pare serbare sorprese e riscontri prima estranei alla mente e all’animo. C’è quasi un sussulto interiore di fronte a essi. Uno smarrimento, che presto diventa coscienza e alimenta un senso delle cose fino ad ora inimmaginato. Come mai prima, ci si accorge della tenera bellezza che sa catturare uno sguardo scambiato con la persona amata, rubato a un pensiero costante sul momento vissuto, che aspira a un’effusione e a un congiungimento che non si vorrebbe rimandare a un incerto domani. Anche il sapore del cibo, che solo fino a ieri sembrava il più delle volte scontato, assume ora un gusto intenso, avvolgente. Riesco a sentirne e a distinguerne i sapori, le fragranze, l’essenza che lo caratterizzano. Masticando lentamente, assecondando il battito del tempo e quello tenue del cuore, assaporo un bene che ora sì, mi appare vitale. E questa lentezza è come una preghiera, che mi riporta alla finitezza della vita e del tutto e ringrazia, umile, che tutto ancora abbia un palpito e un senso. In strada solo poche persone. Alcune con la mascherina sul volto, altre senza. Ma ognuno sembra immerso nei propri pensieri, che, è chiaro, sono rivolti alla situazione che il Paese sta vivendo. C’è preoccupazione in giro. C’è paura forse. Il silenzio che alberga nell’aria lo trovi anche nell’animo di ciascuno. Un silenzio figlio dell’incertezza, della precarietà del momento, della mancanza di punti di riferimento, dell’imprevedibilità del domani, dell’impossibilità di esprimere i propri sentimenti con tangibilità, con quella epidermicità che da e riceve calore, forza, sicurezza. Solo negli occhi dei bambini ho visto la spensieratezza e il sorriso. Il desiderio di fantasticare, di andare oltre il momento, vivendo appieno il momento. Inventando, sognando nell’allegria, coinvolgendo chi sta loro accanto a fare altrettanto. La loro è una forza. E’ un propellente capace di offrirci spunti di riflessione.  Ci dicono che accanto al senso di responsabilità e al realismo che occorre in queste circostanze, non bisogna dimenticare un pizzico di fiducia in se stessi e negli altri, un sussulto di speranza e una briciola di fantasia, antitodi necessari al timore che inibisce e paralizza la visione più coraggiosa della vita. I bambini sono come gli angeli. Hanno quel nitore e quella serenità coinvolgenti, se li sai osservare con pazienza, attenzione e, soprattutto, amore.  Loro ci indicano la strada. Ci riportano all’essenziale, a ciò che veramente conta nella vita. Fanno emergere il respiro sopito dell’animo che invita alla ricerca del bene, ad andare oltre la materialità, a far esplodere quell’energia e quella potenza che sole sanno elevare lo sguardo, il pensiero e l’agire verso orizzonti di purezza e di splendore, dove il senso d’umanità e di esistenza si svelano prepotenti e soprattutto, vincenti.

Romolo Paradiso

 


Torna alle notizie in home