Esteri

Netanyahu, Hamas e l’Occidente

di Ernesto Ferrante -


A Gaza si sta combattendo un conflitto locale con riverberi regionali, destinato ad incidere sugli assetti globali. Mentre sul campo di battaglia si fronteggiano senza esclusione di colpi uno Stato (Israele) e un movimento che si comporta come se lo fosse (Hamas), altri attori, Mosca e Pechino su tutti, osservano gli sviluppi, facendo valere rapporti di forza e alleanze per misurarsi a distanza.

L’enclave palestinese è il fulcro di una contesa più ampia, militare, politica, energetica ed economica, non distaccata dalla riperimetrazione dei Brics, con l’ingresso in qualità di “membri effettivi”, dal primo gennaio 2024, di Egitto, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. L’unico a giocare una partita interna sembra essere Benjamin Netanyahu, il cui obiettivo primario è schiacciare il nemico per riabilitarsi agli occhi dell’opinione pubblica israeliana.

Il vecchio mondo moribondo sta lasciando il posto con grande ritardo a quello nuovo, i cui tratti sono ancora troppo sfumati per creare degli equilibri. “E in questo chiaroscuro nascono i mostri”, direbbe Antonio Gramsci.

In un colloquio telefonico avuto con il presidente russo Vladimir Putin, il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha avvertito che “l’assedio in corso, l’uccisione di donne e bambini e l’attacco di terra alla Striscia di Gaza” porteranno a “una lunga guerra su diversi fronti”. Lo ha scritto su X Mohammad Jamshedi, vice capo di gabinetto della presidenza iraniana. Con Raisi ha parlato anche presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha ribadito l’impegno di Ankara per frenare l’escalation.

“Rivelatrici” di certi obiettivi strategici sono le parole del portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanani: “Gli sviluppi a Gaza hanno tracciato una linea che annulla il processo per la normalizzazione delle relazioni” con Israele portato avanti da alcuni leader arabi.

“Alcuni Paesi regionali, che per errore hanno creduto che avrebbero potuto fornire sicurezza alla luce della normalizzazione dei rapporti con Israele, ora hanno capito che i sionisti non sono nemmeno in grado di provvedere alla loro stessa sicurezza”, ha tuonato il funzionario della Repubblica islamica.

“La resistenza non chiuderà un occhio sui crimini dei sionisti e (i palestinesi) non possono essere accusati di essere responsabili per l’attuale situazione”, ha aggiunto il portavoce, rendendo noto che l’Organizzazione per la Cooperazione islamica (Oic) terrà una riunione dei ministri degli Esteri domani a Gedda, in Arabia Saudita.

Gli iraniani hanno anche dichiarato che Hamas è pronto a rilasciare i circa 199 ostaggi che detiene a patto che Israele interrompa la sua campagna di attacchi aerei sulla Striscia di Gaza.

Teheran “ritiene che gli Stati Uniti siano già coinvolti militarmente nel conflitto tra Israele e i palestinesi” e che debbano “essere ritenuti responsabili per i crimini del regime sionista, dal momento che hanno sostenuto il regime con tutto il loro potere contro la nazione palestinese”.

Smentita la notizia di una missione israeliana del presidente Usa Joe Biden. “Non ho nessun viaggio di cui parlare o da annunciare riguardo a Israele”, ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, alla Cnn. Confermato, invece, l’incontro di domani tra Putin e Xi Jinping nella capitale cinese.

Fibrillazione in Libano. Il primo ministro libanese, Najib Mikati, ha affermato che Beirut “è nell’occhio del ciclone”, visto che “la regione si trova in una situazione difficile e nessuno può prevedere cosa potrebbe accadere”. “Il governo continua i contatti interni ed esterni per mantenere la calma e allontanare il Libano dalle conseguenze della guerra in corso a Gaza”, ha proseguito Mikati.

Prova a mediare il Qatar, accreditandosi come “ponte”, in virtù dei suoi rapporti con i Fratelli Musulmani che gli garantiscono un canale di dialogo privilegiato con Hamas, a cui in passato sono stati concessi anche importanti aiuti finanziari. Posizionato geograficamente tra Arabia Saudita e Iran e con solide relazioni con Israele, sta provando a ritagliarsi un ruolo cruciale nell’attuale scenario mondiale.

Tel Aviv non avrebbe ripreso le forniture idriche a Gaza, stando a quanto ha riferito il portavoce del ministero degli Interni di Hamas, Eyad Al-Bozom. “I residenti bevono acqua malsana, il che rappresenta una grave crisi sanitaria e mette a rischio la vita dei cittadini”, ha spiegato Al-Bozom, lanciando un allarme preoccupante.

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha fatto sapere che il governo israeliano deve ancora prendere una decisione sull’apertura del valico di frontiera di Rafah tra l’Egitto e la Striscia di Gaza.

Si muove anche la Lega Araba, in ombra fino a questo momento. Chiesta la fine delle “operazioni militari” e la creazione di “corridoi umanitari” per gli sfollati. Ad annunciarlo è stato il segretario generale dell’organizzazione, Ahmed Aboul Gheit.

 


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