Esteri

Netanyahu prolunga la guerra a Gaza con il suo piano

di Ernesto Ferrante -


La guerra a Gaza continua. Le nuove armi dagli Usa, l’intransigenza di Netanyahu, la tensione crescente con il Libano e le difficoltà nel portare avanti i colloqui, hanno cancellato i piccoli progressi registrati delle settimane scorse. “Non c’è disaccordo negli Stati Uniti: democratici, repubblicani, Senato, Camera, tutti concordano sul fatto che Israele debba ricevere aiuti. È perché l’accordo è così ampio che probabilmente hanno cercato di aggiungere ulteriori argomenti controversi, in modo che passassero anch’essi”. Lo ha detto il portavoce della Knesset israeliana Amir Ohana al Jerusalem Post, aggiungendo di essere “molto ottimista” ed evidenziando il “grande sforzo” fatto.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha presentato al gabinetto di sicurezza un documento sul dopoguerra nell’enclave palestinese, che prevede l’insediamento di “funzionari locali” non legati a “Paesi o entità che sostengono il terrorismo” per amministrare i servizi al posto di Hamas e l’azzeramento dello spazio operativo dell’Unrwa.

Viene inoltre ribadito che le forze israeliane continueranno le operazioni militari a Gaza fino al raggiungimento degli obiettivi individuati. “Israele manterrà libertà d’azione operativa nell’intera Striscia di Gaza, senza limiti di tempo, con l’obiettivo di prevenire la ripresa del terrorismo e sventare minacce da Gaza”, si legge nel testo rilanciato anche dal Jerusalem Post. Condizioni palesemente inaccettabili per la controparte.

Nel piano si chiarisce che “lo spazio di sicurezza creato nella Striscia di Gaza nell’area al confine con Israele esisterà fin quando sarà necessario per la sicurezza”. Riguardo quello con l’Egitto, si afferma che lo Stato ebraico imporrà una “chiusura a sud”: “La ‘barriera sud’ opererà, per quanto possibile, in cooperazione con l’Egitto e con l’assistenza degli Stati Uniti e sarà basata su misure per prevenire il contrabbando dall’Egitto”, anche “dal valico di Rafah”.

Il premier vuole la fine delle attività dell’Unrwa. Il suo governo “lavorerà per porre fine alle attività dell’Unrwa nella Striscia di Gaza e per sostituirle con organizzazioni umanitarie internazionali responsabili”. Secco ‘no’ a “diktat internazionali” e un avvertimento chiaro: “Israele continuerà a opporsi al riconoscimento unilaterale di uno stato palestinese”.

Il commissario generale dell’Agenzia, Philippe Lazzarini, ha indirizzato una lettera al presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, sostenendo che “è arrivata al punto di rottura”. Nella missiva, Lazzarini ha sottolineato le conseguenze negative dei “ripetuti appelli di Israele allo scioglimento e al congelamento dei suoi finanziamenti, di fronte ai bisogni umanitari senza precedenti nella Striscia di Gaza”.

Secondo il commissario, “la capacità dell’agenzia di adempiere al mandato conferitole dall’Onu è seriamente minacciata”. E’ forte il timore di essere “sull’orlo di una catastrofe con gravi conseguenze per la pace, la sicurezza e i diritti umani nella regione”.

La chiusura netta del leader israeliano ha scatenato le critiche dei vertici palestinesi. “Gaza farà parte solo dello stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale” e “qualsiasi piano in senso contrario è destinato al fallimento”. A dichiararlo è stato Nabil Abu Rudeineh, portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas. Bocciatura senza appello della linea che si vuole imporre: “I piani proposti da Netanyahu hanno l’obiettivo di perpetuare l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e puntano a impedire la creazione di uno stato palestinese”.

Tel Aviv “non riuscirà nei tentativi di modificare la realtà geografica e demografica nella Striscia di Gaza”. “Se il mondo vuole sicurezza e stabilità nella regione, ha incalzato il portavoce, deve porre fine all’occupazione israeliana dei Territori palestinesi e riconoscere lo stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale”.

Per il ministero degli Esteri dell’Autorità palestinese, si tratta di “un piano per prolungare la guerra di genocidio contro il nostro popolo e un tentativo di guadagnare tempo per attuare i piani di sfollamento” e di una “manovra palese per ostacolare e contrastare gli sforzi americani e internazionali volti a legare gli accordi per porre fine alla guerra e liberare prigionieri e ostaggi alla soluzione del conflitto”.

“I principi di Netanyahu, recita una nota ufficiale, spiegano la ragione della sua ostilità e della sua esclusione dell’Autorità palestinese legittima e rivelano la realtà della sua posizione che rifiuta lo stato palestinese e le soluzioni politiche del conflitto e le sue scelte di guerra e di spirale della violenza per prolungare la sua permanenza al potere”.

Rinnovata ancora una volta la richiesta all’Amministrazione Usa e ai Paesi occidentali di riconoscere uno stato palestinese e organizzare una conferenza internazionale di pace per arrivare alla “fine dell’occupazione e consentire al nostro popolo di esercitare il suo diritto all’autodeterminazione in libertà e con dignità”.

Un detenuto palestinese originario di Gaza è deceduto oggi nel carcere di Ramla, in Israele. Lo ha denunciato l’Autorità palestinese per gli affari dei detenuti e la Società dei prigionieri palestinesi rimarcando che si tratta del decimo decesso dietro le sbarre da quando sono iniziate le ostilità.

Stando a quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese Wafa, l’uomo aveva una disabilità motoria preesistente prima del suo arresto. E’ stato trasferito nella prigione di Ramla circa un mese fa, dove è arrivato in condizioni critiche. Successivamente sarebbe stato anche torturato.

La Mezzaluna Rossa Palestinese ha reso noto che un paramedico del suo staff, Fayez As’ad Mohammad Muammar, “volontario presso il centro di ambulanze di Rafah è stato ucciso dopo che la sua casa è stata bombardata”, nella zona orientale di Rafah.

L’esercito israeliano ha fatto sapere di aver eliminato oltre 10 “terroristi” nel quartiere Zeitoun di Gaza City, con “il fuoco dei cecchini e per mezzo di velivoli teleguidati ed elicotteri da combattimento”.

Dopo tre giorni di incontri al Cairo, la delegazione del movimento di Hamas, guidata da Ismail Haniyeh, ha lasciato l’Egitto. Le riunioni con il capo dell’intelligence egiziana, Abbas Kamel, sono state incentrate su un accordo per il cessate il fuoco con Israele e la consegna di aiuti umanitari alla Striscia di Gaza.

Hezbollah ha annunciato la morte di tre suoi membri “sulla strada per Gerusalemme”, l’espressione con cui vengono definiti i combattenti uccisi nelle operazioni militari israeliane. Due di loro sarebbero paramedici dell’Autorità sanitaria islamica dell’organizzazione. Con la loro eliminazione, sale a 211 il bilancio dei membri della milizia sciita dall’inizio del conflitto.

Le Idf hanno confermato via X nuovi raid di caccia contro obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano. Sotto le bombe sono finiti siti nella zona di Labouneh e un edificio in cui “operavano i terroristi dell’organizzazione” a Kafr Kila. Colpita anche un’area nei pressi di Ayta ash Shab per “rimuovere una minaccia”.


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