Netanyahu: “Se in 60 giorni non avremo risultati, useremo la forza”
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato un avvertimento diretto e senza mezzi termini: se entro 60 giorni non verranno raggiunti risultati concreti sul fronte della tregua a Gaza e della liberazione degli ostaggi, Israele farà ricorso alla forza militare. Lo ha dichiarato in un video diffuso dal suo ufficio, sottolineando che se le trattative diplomatiche non porteranno all’obiettivo desiderato, sarà l’esercito israeliano a intervenire per raggiungerlo. Al centro della questione vi sono i circa 50 ostaggi ancora detenuti nei territori di Gaza, la cui liberazione rappresenta una priorità assoluta per il governo israeliano.
Netanyahu ha inoltre ribadito che il ritorno degli ostaggi non è l’unica condizione necessaria per una tregua duratura. Secondo il premier, solo con il disarmo completo di Hamas, la smilitarizzazione dell’intera Striscia di Gaza e il ritiro del potere da parte dell’organizzazione, sarà possibile ottenere una stabilità reale. In assenza di questi risultati, ha spiegato, Israele sarà pronto a usare “la potenza del nostro eroico esercito” per imporre la propria strategia.
Le sue dichiarazioni arrivano in un momento delicato, mentre proseguono con fatica le mediazioni internazionali per un accordo di cessate il fuoco. Gli Stati Uniti, insieme a Qatar ed Egitto, stanno cercando di portare avanti un’intesa che prevede una tregua di 60 giorni e la liberazione progressiva degli ostaggi. Secondo fonti governative israeliane, un’intesa potrebbe essere raggiunta entro una o due settimane, ma il processo resta complesso e pieno di ostacoli.
La linea dura di Netanyahu riflette anche la necessità di mantenere il consenso interno all’interno della sua coalizione di governo, la più nazionalista della storia israeliana, e di rispondere alle crescenti pressioni dell’opinione pubblica, che chiede risposte rapide e incisive dopo mesi di conflitto. Allo stesso tempo, il premier si trova sotto osservazione da parte della comunità internazionale, in particolare degli Stati Uniti, che pur sostenendo il diritto di Israele a difendersi, chiedono prudenza e responsabilità per evitare una nuova escalation militare.
La tragedia degli ostaggi, la tensione tra diplomazia e forza militare, e il destino della Striscia di Gaza rimangono dunque i punti nevralgici di una crisi che continua a tenere in apprensione il Medio Oriente e il mondo intero. Netanyahu ha chiarito che la pazienza ha un limite: se la via diplomatica non porterà ai risultati sperati entro due mesi, sarà il rumore delle armi a parlare.
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