Economia

Niente sconti, siamo falchi

di Giovanni Vasso -

CHRISTINE LAGARDE PRESIDENTE BCE


di GIOVANNI VASSO

Abbiamo ancora tanta strada da fare. Lo dicono tutti. Il problema, però, è che non sembrano concordare sulla direzione da prendere. Perché, da un lato, la lotta all’inflazione imporrebbe, secondo gli enti sovranazionali, dalla Bce fino all’Ocse, continui e imperterriti aumenti dei tassi di interesse. Dall’altro, però, c’è il grido di dolore di chi, come il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli denuncia che, dal pre-pandemia a oggi si sono persi consumi per ben 20 miliardi di euro.

Sangalli ha parlato all’assemblea nazionale di Confcommercio e ha parlato prima del bicchiere mezzo pieno: “Nello scenario della permacrisi, i risultati dell’economia italiana battono costantemente al rialzo, nell’ultimo triennio, tutte le previsioni. Oggi, il nostro livello del Pil è superiore del 2,5 per cento rispetto a quello del quarto trimestre del 2019. Insomma, abbiamo più che recuperato i livelli pre-pandemici, facendo meglio delle altre maggiori economie europee e addirittura degli Stati Uniti”. Ma c’è il rovescio della medaglia. E fa paura: “Restano, però, ancora indietro i consumi che, nella media dello scorso anno, risultano inferiori di circa venti miliardi di euro rispetto al 2019”. Sangalli ha spiegato: “Proprio i consumi rallentano, a partire da quelli alimentari, per quell’inflazione che continua a mordere. Inflazione, che erode il potere d’acquisto, sia dei redditi correnti, sia della ricchezza detenuta in forma liquida. Abbiamo mostrato una straordinaria capacità di adattamento e di reazione, da parte di imprese, lavoro e reti di sicurezza sociale. È il risultato della collaborazione tra buone politiche pubbliche ed iniziativa privata. Collaborazione che ha funzionato anche sul versante dell’occupazione”.

Intanto, a Francoforte sul Meno, i falchi si alzano in volo per dissipare le sempre più numerose nuvolette che vorrebbero annunciare una pausa (ristoratrice) del rally del costo del denaro. Isabel Schnabel, che è tra i membri più oltranzisti del board Bce, ha spiegato al quotidiano olandese De Tijd che “date le elevate incertezze sulla persistenza dell’inflazione, i costi di fare troppo poco continuano ad essere superiori rispetto ai costi di fare troppo”. Per Schnabel: “Il motivo è che una volta che l’inflazione diventa più persistente nell’economia diventa più costoso combatterla”. E ancora, per esorcizzare ogni speranza di un rallentamento della politica monetaria aggressiva, Schnabel ha tuonato: “Lasciatemi essere chiara: un picco nell’inflazione di fondo non sarebbe sufficiente per dichiarare vittoria. Dobbiamo vedere prove convincenti che l’inflazione tornerà il nostro obiettivo del 2% in maniera tempestiva e sostenibile. E non ci siamo ancora”. Con buona pace di chi, come il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, solo pochi giorni, pur consapevole della necessità di dover lavorare a disinnescare l’inflazione, fa aveva posto l’accento sulla necessità di “prestare attenzione a che l’intensità della sua trasmissione non dia luogo a una frenata eccessiva dei consumi e degli investimenti”.

A dare conforto ai falchi, le considerazioni dell’Ocse secondo cui: “Sebbene l’inflazione complessiva stia diminuendo grazie a prezzi dell’energia più bassi, l’inflazione core rimane ostinatamente elevata, più di quanto previsto in precedenza. Le banche centrali – ha affermato la chief economist Clare Lombardelli – devono mantenere politiche monetarie restrittive fino a quando non ci saranno chiari segnali”.


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