Nitazeni: la morte silenziosa che ci è già entrata in casa
Un oppioide sintetico cento volte più potente della morfina, invisibile ai test e letale al primo errore.
Non è una storia americana. Non è una serie TV. È successo a Brunico, in Alto Adige. Un uomo di trent’anni è morto. Nessuna siringa, nessuna traccia evidente. Sembrava un arresto cardiaco. Invece era overdose. La prima in Italia causata dai nitazeni, oppioidi sintetici più potenti del Fentanyl. Una sostanza che non si vede, non si sente, non si riconosce. Ma uccide. Ci è voluto un anno di indagini, analisi chimiche avanzate, il coinvolgimento del RIS di Roma e un coordinamento europeo per capire cosa fosse successo. Il procuratore Axel Bisignano lo ha detto chiaramente: “È una bomba”. E non è un’esagerazione. Bastano microgrammi per spegnere il respiro. Non c’è tempo per il pentimento, né per il soccorso.
Nitazeni: una minaccia invisibile che cresce in silenzio
In Alto Adige ci sono già 35 segnalazioni. Giovani che cercano lo sballo, lo ricevono per posta, lo assumono senza sapere cosa stanno prendendo. Non è eroina. Non è cocaina. È qualcosa di peggio. Invisibile ai test tossicologici comuni. Impossibile da dosare. Letale al primo errore. E non è solo un problema locale.
In Europa, i nitazeni sono stati rilevati in almeno 16 Paesi e associati a decine di decessi. In Italia, sono già stati sequestrati in diverse regioni. Secondo la Relazione europea sulle droghe 2024, i nitazeni rappresentano una delle minacce emergenti più gravi nel panorama delle sostanze psicoattive. Si tratta di oppioidi sintetici con una potenza fino a 100 volte superiore alla morfina, spesso venduti online sotto forma di polveri, pillole o liquidi. Chi li assume spesso non sa nemmeno cosa sta prendendo. E quando lo scopre, è troppo tardi.
Il silenzio è complice: serve agire ora
Questa non è solo cronaca nera. È un campanello d’allarme. Le droghe stanno cambiando. Non si trovano più per strada, ma online. Non si sniffano, si ingoiano. Non si vedono, ma agiscono. E quando lo fanno, è già troppo tardi. La morte di Brunico non è un caso isolato. È il primo segnale di una nuova emergenza. Una che non fa rumore, non lascia tracce, ma colpisce con precisione chirurgica. E noi, come società, siamo impreparati. Non ci sono campagne di prevenzione. Non ci sono test rapidi. Non c’è consapevolezza. Serve parlarne. Serve informare. Serve agire. Perché il prossimo morto potrebbe non avere nemmeno il tempo di chiedere aiuto. E quando una droga uccide senza farsi vedere, il silenzio diventa complice.
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