Attualità

“No alla diffusione di foto e dati degli arrestati senza giustificati motivi”

Stangata del Garante della Privacy al Ministero degli Interni, sanzioni da 110mila euro. Ma la polemica è dietro l’angolo.

di Alessio Postiglione -


“No alla diffusione di foto e video degli arrestati senza giustificati motivi di giustizia e polizia”, il Garante della Privacy sanziona il Ministero degli Interni che dovrà pagare sanzioni per 110mila euro complessivi. Lo ha annunciato proprio l’authority in una nota. Secondo i rilievi del Garante, due Questure avrebbero pubblicato foto e video ritenuti lesivi della dignità di chi era ripreso, “senza che ce ne fossero necessità giustificate di giustizia o di polizia”.

Il primo caso riguarda la pubblicazione di un video, ripreso e pubblicato anche da diverse testate giornalistiche in rete, che riportava nomi e  foto dei volti di otto persone. Il filmato è rimasto accessibile sui canali web istituzionali della questura per ben cinque anni prima della rimozione ordinata dalle autorità. Secondo quanto ha rilevato il Garante, pubblicare immagini col logo della Polizia equivarrebbe a pubblicare una foto segnaletica. E la diffusione di questo tipo di immagini, secondo l’authority, è consentito solo ed esclusivamente se ricorrono necessità di natura giudiziaria o di polizia.  Per questo, il Garante ha elevato una prima sanzione da 60mila euro a carico del Viminale.

Il secondo caso, invece, riguarda la pubblicazione di immagini e la diffusione dei dati personali di una persona, già detenuta, per dare la notizia che la stessa risultava invischiata in un nuovo procedimento penale. Altri 50mila euro di multa, che dovrà regolare il Ministero degli Interni.

Ma la pronuncia del Garante rischia di aver effetti importanti anche su un altro versante, cioé quello dell’informazione. Da qualche tempo, infatti, il nuovo decreto per la presunzione d’innocenza ha fatto rizelare le associazioni dei giornalisti che già temono limiti invalicabili per la cronaca. Certo, la ratio è quella di limitare al massimo il cosiddetto “processo mediatico” ma per diversi osservatori il rischio è quello di assottigliare, ancora di più, i confini in cui i giornalisti possono esercitare il diritto di cronaca. Adesso la pronuncia del Garante della privacy, più che inguaiare il Ministero degli Interni, rischia di aggiungere legna al fuoco delle polemiche sul futuro dell’informazione in Italia.


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