Politica

“Noi giovani dem pronti a competere per la segreteria”

di Edoardo Sirignano -


“Ho potuto correre con le preferenze al Parlamento Europeo ed essere eletto a 28 anni in una competizione aperta, ma per tanti mieo coetanei non è stat possibile a causa di collegi e listini decisi dal livello centrale”. A dirlo l’europarlamentare Brando Benifei, 36enne capodelegazione dem a Bruxelles e organizzatore della convention “Coraggio”.

Ogni giorno arriva più di qualche semplice sos dai giovani. L’ultimo dal segretario dei Gd lombardi Lorenzo Pacini. Perché il Nazareno non risponde agli appelli?
Il Pd è stato sconfitto alle elezioni e adesso deve contemporaneamente definire le modalità con cui fare una opposizione efficace e promuovere un congresso che sia effettivamente aperto e inclusivo. L’ascolto dei giovani e la realizzazione di un vero rinnovamento non sono questioni rimandabili. Nello specifico, sabato scorso, Lorenzo è intervenuto all’Assemblea di Coraggio Pd che ho contribuito a promuovere insieme a tantissimi e tantissime da ogni parte d’Italia. Fra gli interventi anche molti giovani, che erano candidati alle elezioni in collegi impossibili ma che hanno fatto campagne elettorali straordinarie facendo recuperare consenso al partito con spirito di servizio. Io ho potuto correre con le preferenze al Parlamento Europeo ed essere eletto a 28 anni in una competizione aperta, ma per loro non era possibile dato che collegi e listini erano decisi dal livello centrale.

È stato tra i primi a sposare la causa delle nuove generazioni. Esiste un fronte di amministratori-parlamentari, che indipendentemente dal Nazareno, è pronto a sostenere la causa degli under 40?
Sono convinto che l’anagrafe rappresenti solo un pezzo del ragionamento, perché il percorso che stiamo promuovendo con Coraggio Pd parte dalla consapevolezza che sia altrettanto fondamentale avanzare idee forti. È intervenuta, ad esempio, Rachele Scarpa la nostra più giovane deputata eletta di soli 25 anni, una studentessa che ha fatto un intervento molto forte sul tema della salute mentale, di cui ancora non si parla abbastanza. Si è ormai fatta largo l’idea che questo congresso sia un ultimo appello per il Partito Democratico e viene percepita in modo diffuso l’esigenza di dover aprire a energie nuove.

In televisione, intanto, si continuano a mandare gli artefici della debacle del 25 settembre. Non ritiene, però, che gli scivoloni delle solite facce possano far scomparire il partito prima di marzo?
Scomparire non credo, perché il Pd ha radici profonde nella società e sul territorio, ma certamente c’è il rischio di perdere ancora consensi, se veniamo percepiti come lontani e chiusi nella nostra bolla, mentre il mondo va veloce e si è insediato il governo più a destra della storia repubblicana che pensa a condoni, novax, contante e a mettere a rischio la libertà di manifestare.

Ha un candidato al congresso in cui si riconosce?
Partiamo dalle piattaforme politiche e facciamo vivere davvero la fase costituente chiedendo a tante e tanti di partecipare, solo dopo capiremo chi può essere l’interprete migliore per rilanciare il Partito Democratico.

Qualcuno dice che il volto dei giovani è Elly Schlein. È davvero così?
Conosco Elly dai tempi della sinistra universitaria a Bologna: sarò molto contento se deciderà di aderire al percorso costituente del nuovo Pd. Poi per rappresentare i giovani non serve solo un volto, ma un progetto politico, ma lo sanno certamente sia lei sia tutti coloro che decideranno di impegnarsi in questo momento.

Ha mai pensato di correre per la segreteria e di confrontarsi con i vari Bonaccini e Nardella?
Francamente non ho particolari ansie da prestazione, ma le dimensioni forse anche un po’ inattese del movimento appena lanciato e che cresce ogni giorno ci impongono di non escludere nulla.

La controffensiva alla svolta a sinistra di Conte per la sinistra del partito potrebbe essere Landini. È davvero questa la soluzione per superare la diceria delle Ztl?
In realtà credo che Landini sia assolutamente concentrato a svolgere al meglio il suo ruolo di segretario generale della Cgil anche alla luce della nuova e complicata situazione politica. Per quanto riguarda il rapporto difficile della sinistra con le periferie, si tratta purtroppo di un trend non solo italiano, che non è facile invertire subito: ci sono stati per noi piccoli segnali positivi in alcuni territori perfino alle ultime elezioni, ma bisogna lavorare ancora moltissimo in quella direzione perché prima di tutto serve una credibilità che ad oggi non abbiamo ancora riacquistato.

Il suo movimento ha sempre parlato di rivoluzione e non di rottamazione. Bisogna, quindi, mollare per sempre i centristi e chiudere l’intesa con il Movimento?
Bisogna ridefinire la nostra identità: se alla fine del congresso sapremo finalmente con chiarezza chi siamo e dove dobbiamo andare, allora sarà più agevole anche gestire le alleanze. Per le elezioni imminenti, penso alle regionali di Lazio e Lombardia, servono progetti territoriali inclusivi e competitivi.


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