Economia

“Non c’è solo l’energia qui il mercato del futuro e noi vinceremo la sfida”

di Angelo Vitale -


Ascoltare il ritmo dell’Africa e esserci. Nata oltre 40 anni fa, Assafrica riunisce per Confindustria le imprese che operano in Africa, Mediterraneo e Medio Oriente. La guida Massimo Dal Checco, imprenditore di seconda generazione al vertice delle aziende digital di famiglia del Gruppo SIDI, Gold VAR Partner di SAP e presente in Italia, Gran Bretagna e appunto in Africa.

L’Identità lo ha incontrato. “L’Africa – dice – è un mercato di sbocco e una fonte di approvvigionamento di materie prime a crescita sostenuta: la sola Africa Sub sahariana crescerà del 3.7%. Il Continente giocherà un ruolo centrale negli equilibri mondiali e sarà la nuova frontiera del business, con mercati ancora tutti da scoprire. Non parlo solo dei progetti energetici ed infrastrutturali ma anche di partnership industriali e commerciali tra le nostre pmi e gli imprenditori locali per una crescita duratura, inclusiva e sostenibile in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. L’AfCFTA, in vigore dal 2021, faciliterà gli scambi tra Paesi e lo sviluppo di catene produttive intra-africane, offrendo opportunità uniche. Le strategie di digitalizzazione modernizzeranno tutte le catene produttive e di trasporto contribuendo a sostenere i fiorenti settori delle TLC e la creazione degli hub tecnologici già presenti in Nigeria, Sudafrica, Kenya ed Egitto”.

Da qui al 2050 – questa la previsione – l’Africa subsahariana conterà il 57% della crescita demografica globale e il 23% della popolazione mondiale. Una popolazione giovane e dinamica, che continuerà a spostarsi sempre di più nei centri urbani, la premessa per comprendere l’importanza strategica che il mercato energetico africano ricoprirà nei prossimi decenni. Una sfida a cui il continente potrebbe rispondere sfruttando l’enorme potenziale in termini di rinnovabili (solare, idrico, eolico e geotermico), attualmente usato solo in minima parte. La matrice energetica africana ha una capacità di generazione installata di 244 GW di cui 48 GW di rinnovabili; energia elettrica prodotta per 866 TWh di cui 164 TWh di rinnovabili; accesso all’energia nella fascia subsahariana per il 50-55%, con l’elettricità che rappresenta unicamente il 10% dei consumi finali e oltre il 50% dell’energia primaria proviene da biomasse.

Un altro asset strategico è l’agroindustria: il 60% della terra arabile non è ancora utilizzato e dei 39 milioni di ettari presenti solo il 25% è coltivato. Naturale e ideale, l’appeal per le imprese italiane (know-how, export di macchinari e impianti) per un’agricoltura che in alcuni casi riparte da zero. Già ora, con quote di export per 15 miliardi e 388 milioni fino a settembre 2022, l’Italia è nella Top 10 dei fornitori dei prodotti raffinati dal petrolio, di macchinari, prodotti tessili, mezzi di trasporto e prodotti alimentari.

Insomma, l’Italia è pronta: “A dicembre 2020 – spiega Dal Checco – la Farnesina ha lanciato il “Partenariato con l’Africa” sulle priorità per il Continente. Ed è nato il “Piano Attanasio” intitolato al compianto ambasciatore Luca Attanasio ucciso nel 2021, che prende spunto dalle sue idee. Nel concreto, alla luce della debolezza di una nostra presenza istituzionale strutturata e forte specie rispetto ai nostri competitor, si punta a rafforzare ICE e Osservatori economici temporanei in alcuni Paesi, a partire da Kenya, Costa d’Avorio e Senegal, moltiplicando le missioni di scouting, come le due cui Assafrica ha partecipato in Costa d’Avorio e Senegal”.

E la partita dell’energia? “La campagna del gas avviata dal governo è proceduta a ritmo sostenuto, con hub in Algeria, Egitto, Congo, Angola, Nigeria e Mozambico. Prospettive interessanti, anche per le rinnovabili, ci sono in Nigeria, Angola, Gabon, Libia, Algeria, Egitto, Congo-Brazaville, Ghana, Guinea Equadoriale e Ciad”.

Ma cosa serve al Sistema Paese per diventare sul posto più più competitivo?
“Dobbiamo – risponde deciso Dal Checco – essere i partner privilegiati nella realizzazione dei progetti. Grandi infrastrutture, digitali, di interconnessione logistica e energetica, per creare filiere agroproduttive e linee preferenziali per la vendita di macchinari e tech. L’internazionalizzazione delle imprese italiane va sostenuta, con un efficace e innovativo affiancamento finanziario,

introducendo sempre di più anche la componente a dono e dandoci un maggior ruolo nella cooperazione allo sviluppo. Le aziende italiane, infatti, creano lavoro e fanno crescere il tessuto sociale, educativo e di assistenza laddove operano. Servono adeguate coperture creditizie, riconoscendo che operiamo in una prospettiva di partenariato rinnovato, modernizzato e orientato all’azione.
Solo così cambieremo lo storytelling sull’Africa per raccontarla più dinamica e ricca di opportunità. Perciò vogliamo esserci”.

Quale leva può rappresentare il digitale? Anche in considerazione dell’attività della sua impresa, può certamente fornire una linea di indirizzo all’azione che il nostro Paese deve intraprendere nei confronti del continente africano. “Come imprenditore dell’IT ho sempre sostenuto che fosse un forte abilitatore alla crescita e al cambiamento. Già nel 2016 avevo messo in target l’Africa considerando il suo potenziale e il nostro obiettivo di trasferirvi best practice. La fondazione di SIDI Digital Africa è venuta da una gara della Banca Mondiale per il nuovo sistema informativo della società energetica del Senegal. Nl 2017 il via dei progetti, seguiti da altri nell’e-government locale. La sfida è lo sviluppo sociale grazie a servizi pubblici gestiti bene e assicurati dalla qualità della nostra PA e dalla relazione tra le agenzie italiane ed africane”.


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