Esteri

NON SOLO COVID.  IN CINA IL PIÙ GRANDE CALO DI NASCITE IN 60 ANNI

di Martina Melli -


“Wei fu xian lao”, diventare vecchi prima di diventare ricchi. Una frase che riassume bene la crisi demografica in Cina e le paure del partito comunista. Dopo il calo costante del tasso di natalità degli ultimi anni (che secondo gli esperti è irreversibile), la popolazione cinese si è ridotta ai minimi storici. Un calo demografico che potrebbe agire da freno alla crescita economica di cui il Paese ha così bisogno dopo tre anni di Covid. Ieri, il governo di Pechino ha dichiarato che nel nel 2022 i decessi hanno superato le nascite per la prima volta in 60 anni: 9,56 milioni di persone sono nate, mentre 10,41 milioni sono morte. A lungo i funzionari cinesi hanno cercato di impedire che arrivasse questo momento, allentando la politica del figlio unico e offrendo incentivi per incoraggiare le coppie. Nessuna di queste politiche ha funzionato. Adesso, di fronte a un declino della popolazione, unito a un aumento dell’aspettativa di vita, la Cina si trova in una crisi demografica che avrà gravi conseguenze economiche per tutto il mondo.
Il Paese è passato da una povertà diffusa ad essere la seconda economia più grande del mondo.
Questo ha generato un notevole aumento dell’aspettativa di vita che a sua volta ha contribuito all’attuale declino della popolazione. Questa tendenza ha accelerato un altro evento preoccupante: arriverà il giorno in cui non ci saranno abbastanza persone in età lavorativa. Le sovvenzioni e gli sgravi fiscali, non sono riusciti a cambiare un dato fondamentale: molti giovani cinesi semplicemente non vogliono figli. La popolazione complessiva della Cina è ora di 1,41 miliardi. Entro il 2035, si prevede che 400 milioni di persone avranno più di 60 anni, pari a quasi un terzo della popolazione complessiva.
La carenza di manodopera che accompagnerà il rapido invecchiamento della popolazione cinese ridurrà anche le entrate fiscali e i contributi a un sistema pensionistico che è già sotto pressione.
La notizia del declino della popolazione arriva in un momento già abbastanza delicato per Pechino, che sta da settimane sta affrontando le dure conseguenze dell’improvviso abbandono della politica Zero-covid.
I dati di martedì hanno mostrato un piccolo aumento della mortalità nel 2022 (10,41 milioni di morti, rispetto ai circa 10 milioni degli ultimi anni). Da qui, sono emersi diversi interrogativi su come l’ultima ondata di Covid possa aver contribuito ai numeri.
Questa crisi demografica non sembra, infatti, strettamente legata alle vittime della pandemia e non arriva inaspettata. L’anno scorso il Governo ha ammesso che il Paese era sull’orlo di un grave calo della popolazione, ma demografi e statisti avevano previsto che sarebbe iniziato prima del 2025. E invece ha battuto ogni record.
La Cina ha seguito la traiettoria tipica dei paesi in forte crescita. Man mano che la qualità della vita migliora, le persone vivono più a lungo.
Il Governo si è mosso troppo lentamente per smantellare le politiche restrittive sulle nascite man mano che il Pil aumentava.
Il leader Xi Jinping, ha recentemente fatto riferimento alla sfida demografica come a una priorità, promettendo “un sistema politico nazionale per aumentare i tassi di natalità”. Nonostante ciò, dicono gli esperti, le cifre in calo delle nascite in Cina rivelano una tendenza irreversibile. Insieme a Giappone e Corea del Sud, la Cina ha uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo, al di sotto di quello che i demografi chiamano il tasso di sostituzione della fertilità necessario per far crescere una popolazione (una cifra che richiederebbe a ogni coppia, in media, di avere due figli). In questa riluttanza a procreare intervengono vari fattori: ovviamente il costo della vita, ma anche l’onere di prendersi cura di genitori e nonni anziani,
Una condizione che oggi riguarda molti giovani adulti.

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