Per Abbonati

NORD A SECCO

di Angelo Vitale -


Immaginiamo una cartina geografica dell’Italia attualizzata da mostrare ad un alunno che non l’ha mai vista. Lui non si meraviglierebbe, noi tutti sì. I grandi fiumi sono scomparsi, non ci sono più, guadagnerebbero sulla cartina solo un esile filo, inutile al racconto del nostro Paese. La causa è la siccità. Lo certifica il consueto Bollettino settimanale del’Anbi, che evidenzia anche come non vada meglio nel resto dell’Italia. Ed interviene pure sulla questione dei dissalatori, da più parti sollevata e posta ad esempio quale possibile soluzione per affrontare la carenza idrica di casa nostra. “I dissalatori? Sono una soluzione – dice il presidente Francesco Vincenzi – per emergenze localizzate, non certo risolutivi per la siccità che penalizza l’agricoltura e l’ambiente in un territorio come quello italiano. E Israele, che molti citano e che pure con i nostri Consorzi di bonifica intrattiene rapporti di collaborazione, ha trasformato il deserto in area verde. Noi il giardino lo abbiamo ed il nostro compito è mantenerlo. Non mi pare proprio la stessa cosa”. A questo punto Vincenzi cita il Cnr, secondo il quale in 24 mesi, da febbraio 2021, il 38% delle aree agricole irrigue è stato interessato da siccità severa-estrema.
“Vogliao dissalare il mare per risolvere il problema? – aggiunge il dg Anbi, Massimo Gargano – I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare. Non è più logico trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando l’ambiente con una rete di laghetti multifunzionali riutilizzando migliaia di cave abbandonate?”. Il Piano laghetti, per ora, può aspettare. Come l’Italia tutta aspetta il Commissario del Tavolo istituito da Giorgia Meloni, per il quale non c’è accordo nel Cdm, mentre la siccità è stata segnalata come priorità pure dal presidente Sergio Mattarella durante il suo viaggio in Kenia.
Tornando alla cartina geografica “senza fiumi”, è largamente insufficiente la portata del Po che è abbondantemente sotto il minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano. In Veneto, l’Adige scende al di sotto dei -4 metri sullo zero idrometrico, come non era mai accaduto dal 2015.
In Lombardia c’è il tracollo dell’Adda, con portate inferiori a quelle dell’anno scorso. E sono in calo anche gli altri fiumi. In crisi il lago di Garda (riempimento: 37,9%), da settimane al minimo storico. Se in Valle d’Aosta è tornata un po’ di neve, sui rilievi occidentali con l’altezza media del manto nevoso che sale di quasi mezzo metro, sono scarse le precipitazioni in Piemonte.
In Liguria, importanti fenomeni piovosi nell’entroterra genovese, dove sono caduti fino a 70 millimetri di pioggia, ma sul Ponente le precipitazioni sono state quasi nulle. In Friuli Venezia Giulia alzati i livelli del Cellina, ma inferiori a quelli del 2022, e del Tagliamento. Sui rilievi, un po’ di neve.
In Romagna, sotto media i fiumi Savio e Lamone. Crescono la Trebbia ed il Reno, la cui portata è inferiore di quasi il 57% alla media. Calano i livelli dei fiumi dell’Emilia Centrale. In calo anche i livelli dei corsi d’acqua del Centro Italia, in Toscana, nelle Marche, in Umbria, nel Lazio. In Abruzzo, deficit pluviometrici. In calo le disponibilità idriche nei bacini di Basilicata e, passando al Sud, in Puglia. In miglioramento la Calabria, con un marzo umido e giorni piovosi nel Reggino e nel Cosentino tirrenico. Fin qui, il bollettino settimanale sulla crisi di fiumi, laghi e bacini idrici. A Roma la fotografia di un Governo in panne.

Torna alle notizie in home