Politica

NORDIO RELOADED

di Ivano Tolettini -

CARLO NORDIO MINISTRO


Il tono del ministro ieri è diverso. Molto più politico e meno decisionista. La riforma della giustizia si farà com’è scritto nel programma del centrodestra a trazione meloniana, ma senza volere inasprire i rapporti con la magistratura. Le tensioni dei giorni scorsi sulla questione delle intercettazioni sono alle spalle. La premier Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si confrontano “con spirito costruttivo” per oltre un’ora ieri pomeriggio a palazzo Chigi per chiarirsi dopo gli attacchi del guardasigilli ai pm antimafia nell’immediatezza della cattura del padrino stragista Matteo Messina Denaro sull’uso delle intercettazioni che avevano indispettito la presidente del Consiglio per l’intempestività. Tanto più che il garante della privacy ha osservato che dall’entrata in vigore nel 2020 della nuova legge sulle intercettazioni non si sono registrati abusi. La premier e il ministro ribadiscono congiuntamente che “dare ai cittadini una giustizia giusta e veloce è una priorità assoluta di questo Governo e un impegno che abbiamo preso con gli italiani. Siamo determinati a mantenerlo nel più breve tempo possibile». Una dichiarazione come si legge di stile, che non aggiunge nulla nel concreto al polemico dibattito di queste settimane sulla giustizia, ma che serve a Meloni per “blindare” il ministro da lei fortissimamente voluto per sbarrare la strada a un esponente di Forza Italia ed a consigliarli prudenza viste certe tensioni anche nella maggioranza. Del resto, l’incontro iniziato alle 17 per definire ufficialmente il cronoprogramma, ha avuto un prologo significativo al mattino con un Nordio che schiva le insidie all’inaugurazione dell’anno giudiziario e afferma che “questa è l’occasione per volgere lo sguardo sul grande cantiere sempre aperto della giustizia, architrave di ogni stato democratico, chiamata in questa fase storica a rinnovate sfide – sottolinea – Ora più che mai, tutti i nostri sforzi sono volti ad assicurare al Paese un sistema capace di soddisfare le esigenze dei cittadini e delle imprese, per consolidare la fiducia dei primi e l’efficienza delle seconde”. Quindi l’ex pm aggiunge che “ogni futura riforma prima di essere affidata alle valutazioni del Parlamento sovrano, si comporrà attraverso l’ascolto di tutte le voci del sistema giustizia, dall’avvocatura all’accademia e alla magistratura”. Un atteggiamento valutato positivamente dall’Associazione nazionale magistrati che tramite il presidente Giuseppe Santalucia sottolinea come siano “positive le parole del ministro. Va assicurata l’autonomia e l’indipendenza della magistratura tutta, compresa quella inquirente, perché senza autonomia di chi ha il potere di azione non ci può essere autonomia e indipendenza di chi giudica”. Del resto, Nordio si è ben guardato di parlare di intercettazioni e di separazione delle carriere davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio. Per quest’ultimo “l’analisi sui dati dell’amministrazione della giustizia nell’anno appena trascorso conferma il quadro in chiaroscuro già descritto nelle precedenti relazioni, però si assiste ad un lento ma progressivo miglioramento della situazione”. Anche perché il ministro poco prima aveva spiegato di essere intenzionato a “un ciclo di concorsi per assicurare il costante reclutamento e il più celere ingresso del personale di magistratura”. Tra l’altro, Curzio ha osservato che “in organico manchino 1458 giudici e pm, una scopertura del 13,7%”. E come in Italia ci siano 12 magistrati ogni 100 mila abitanti contro la media europea di 20. L’alto magistrato ha pure ricordato che in Germania c’è il doppio del numero di toghe per 100 mila abitanti rispetto al nostro Paese.
Nel corso della cerimonia interviene anche il neo vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, che parla di “leale collaborazione tra istituzioni e dialogo con gli altri poteri dello Stato”, con un Csm “capace di confrontarsi su un piano di parità con gli altri organi e poteri dello Stato, perché non può e non deve venire meno Al proprio ruolo politico-costituzionale di organo di garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura”. Tornando all’incontro di ieri pomeriggio, se Enrico Costa, deputato di Azione-Italia Viva e presidente della Giunta per le Autorizzazioni, dice che volere una “giustizia giusta e veloce” è una formula che va bene per tutte le stagioni e che usava anche il guardasigilli grillino Bonafede, Ciro Maschio, deputato di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Giustizia alla Camera, replica che il confronto tra la premier e il ministro “smentisce i gufi e tutti i retroscena di chi ci voleva divisi e litigiosi. Nel governo Meloni c’è la massima compattezza e coesione, siamo tutti concentrati nel dare all’Italia una giustizia giusta, rapida, equa ed efficiente”. La tempistica si vedrà.

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