Nucleare, anno zero. Arrivano i dati di Global Energy Monitor a inchiodare il mondo (e soprattutto l’Europa) a un’amara verità: sull’atomo abbiamo perso tanto di quel tempo che ripartire, oggi, rappresenta davvero una sfida gigantesca. I numeri di Gem sono a dir poco interessanti. E riferiscono che l’attuale capacità produttiva in tutto il mondo, pari a 401 gigawatt, è inferiore a quella che, nel corso degli anni, è stata via via cancellata. E, anzi, l’insieme della capacità attuale e di quella in via di dismissione (pari a 116 Gw) risulta inferiore a quella che s’è persa nel corso del tempo e che ammonta a qualcosa come 566 gigawatt.
Europa: anno zero, i numeri del nucleare
A far la parte del leone è l’Europa. Che, durante gli anni, ha cancellato qualcosa come 122 Gw di nucleare. Ne ha ancora attivi 157. Se non è un primato poco ci manca. Di sicuro, spiegano gli analisti Gem, si tratta di una capacità che risulta superiore a quella ancora attiva in ogni Paese del mondo. Un trend, però, che nonostante i buoni auspici della Commissione può solo peggiorare dal momento che in via di dismissione ci sarebbero reattori e strutture capaci di produrre almeno altri 68 gigawatt. A questo, poi, si deve aggiungere la considerazione, affatto secondaria, per cui la stragrande maggioranza delle infrastrutture nucleari del vecchio continente risulterebbero abbondantemente over 35. Si tratta del 90 per cento delle centrali e dei reattori europei. L’apporto del nucleare nell’ambito della produzione energetica europea, in vent’anni, è sceso di oltre il 5% passando dal 25% stimato nel 2005 al poco meno del 20 per cento verificato nel 2024. Pesa, tra le altre cose, il calo pari al 16% che ha interessato la produzione nucleare in Francia.
L’abbandono e le chance di un ritorno all’atomo
È evidente che i dati risentono, e molto, del cambio di passo energetico stabilito nei decenni scorsi in Europa. Prima ancora che si pensasse di varare il Green Deal e di sognare un continente capace di autoalimentare il suo bisogno di energia grazie agli elementi, è stata la Germania a dare una scossa abbandonando il nucleare e aprendo la strada agli investimenti, fortissimi, nelle rinnovabili. Che oggi, secondo lo studio di Global Energy Monitor, continuano a dominare in fase di costruzione e precostruzione. Il rapporto tra eolico, solare e nucleare è a dir poco impietoso: 600 gigawatt attualmente in fase di allestimento contro i soli 9,3 Gw per l’atomo. Fosse una partita di calcio, il risultato sarebbe imbarazzante: 14-1. E, per soprammercato, va considerato che molta parte dei nuovi progetti nucleari non risultano aggiuntivi bensì sostituivi di reattori o impianti già esistenti. Insomma, il nucleare, soprattutto in Europa, sarebbe all’anno zero. Ciò, però, non vuol dire che non si possa ripartire, anzi. La preoccupazione degli analisti Gem, però, è legata agli eventuali ritardi che le opere potrebbero subire, fatto che è stato già più volte segnalato e verificato in diversi scenari e contesti, anche europei. A complicare il quadro è il fatto che, stando allo studio, sarà altamente improbabile che gli attesi Smr, gli small modular reactors su cui si basa (anche) la nuova strategia italiana verso l’atomo, vedano la luce entro il 2030. I motivi, in fondo, sono facilmente intuibili: barriere normative da scavalcare e scardinare, battaglie di opinione da giocare e costi iniziali di investimento a cui far fronte.