Nuove norme sui dividendi, i dubbi Assoholding: “Così arretriamo”
Cambia, in manovra, la disciplina sulla distribuzione e la tassazione dei dividendi e Assoholding esprime tutti i suoi dubbi sulla nuova struttura che dovrebbe entrare in vigore insieme alla legge di bilancio 2026. In una nota, l’associazione che riunisce le holding italiane, ha messo nero su bianco tutte le preoccupazioni degli azionisti alla luce delle modifiche che sono state inserite nel documento di bilancio e che potrebbero concretizzare, secondo l’analisi all’organizzazione, un “arretramento strutturale” rispetto ai principi di “coerenza e stabilità del sistema tributario italiano”.
Nuove norme sui dividendi, i dubbi Assoholding
In una nota, l’associazione ripercorre i punti salienti delle modifiche proposte dalla manovra in tema di dividendi: “La proposta prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2026, le distribuzioni di utili, riserve o altri fondi deliberate da soggetti IRES possano beneficiare dell’esclusione dalla base imponibile — pari al 41,86% per gli imprenditori IRPEF e al 95% per i soggetti IRES — solo se la partecipazione nella società erogante non è inferiore al 10%. La condizione si applicherebbe anche ai dividendi di fonte estera provenienti da società residenti in Stati inclusi nella cosiddetta white list”. E ancora: “In assenza della soglia minima del 10%, i dividendi concorrerebbero integralmente alla formazione del reddito imponibile, con un effetto di duplice imposizione economica sullo stesso utile: la prima in capo alla società che lo produce e la seconda in capo a quella che lo percepisce”.
Le conseguenze della riforma
“Se approvata – tuonano da Assoholding – , la norma stravolgerebbe l’assetto vigente della tassazione dei dividendi, minando principi cardine della fiscalità d’impresa consolidati da oltre vent’anni e introdotti con la riforma IRES del 2003, che istituì il regime della dividend exemption con la finalità di garantire la neutralità fiscale e prevenire la doppia imposizione lungo la catena partecipativa”. Pertanto l’associazione invita governo e Parlamento a intervenire quanto prima per “rivalutare l’impianto dell’articolo 18 per evitare effetti distorsivi su innovazione, investimenti e competitività del tessuto imprenditoriale nazionale”.
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